martedì 10 gennaio 2012

domenica, 24 aprile 2011

Vado al Girettino d'Italia

snoopyqDa quest'anno si tiene il Girettino d'Italia, una competizione ciclistica tra città di grande-piccola-media dimensione. In un unico giorno, ai primi di Maggio, si calcolerà quante persone si spostano in bicicletta per andare a scuola, al lavoro, in stazione eccetera. Chi ne ha di più vince!

La mia città è iscritta, e dall'inizio di Aprile sto realizzando il mio vecchio progetto di andare a scuola in bici, per tanto... partecipo anch'io!!! Pare che il censimento delle biciclette in circolazione avvenga tramite appositi Checkpoint (manco fossimo a Berlino, grande città di ciclisti metropolitani). Speriamo che questi punti di registrazione siano già attivi alle sette e mezza.

Io, in barba a tutto, mi compro una maglia rosa per l'occasione.

Non pioverà, vero?
written by: Malfido time 16:16 | link | commenti (4)
sections: 07-città
martedì, 19 aprile 2011

Oblomov 2011

fried
Ci sono testi un po’ lunghi tratti da Oblomov  di Gončarov, che mi piacerebbe pubblicare nel diario virtuale del 2011, perché quest’anno io e Il’ja Il’ič ci troviamo ad avere la stessa età.

Il primo brano, in ordine di romanzo, è l’opinione del protagonista sull’opera che fa scalpore, quella che egli non vuole leggere, e di cui tutti parlano.

Intuisce, a torto o a ragione non si sa, il limite di questo lavoro che piace a tutti, che è quello di parlare troppo degli istinti (ridere, lasciarsi corrompere, cercare avventure) senza parlare dell’uomo, rimuovendone la complessità.

Oblomov, essendo Oblomov, si annoia solamente all’idea di prendere un libro in mano perché un mucchio di gente glielo raccomanda. Ma poi c’è pure dell’altro, esso non c’entra nulla con la sua idea di fratellanza.

A me le sue riflessioni a voce alta, articolate mentre parla con un amico o col servitore di turno, interessano proprio anche per il fatto che spesso culminano in un’improvvisa accensione dei toni, che non sempre trova uno sbocco nel ragionamento o nel confronto con qualcuno.
 

E poi, in particolare, nella sua polemica contro i finti romanzi sociali, mi pare di cogliere un tratto di Francesco De Sanctis quando diceva sunt lacrimae rerum- ridateci le lacrime delle cose e risparmiateci le lacrime vostre.


“Ma che può raccontarmi di nuovo?”, chiese Oblomov. “Perché scrivono di queste cose? Solo per divertirsi…”
“Come per divertirsi? E la verità, la somiglianza con la realtà dove la mette? Da morir dal ridere… Veri e propri romanzi viventi. Ogni personaggio –sia esso mercante, funzionario, ufficiale o sbirro- salta fuori vivo dalla pagina”.
“E a che pro tanta fatica? Per il piacere che il personaggio risulti somigliante? Ma di vita, in tutto questo, non ce n’è lo stesso: perché non c’è né comprensione né interesse per la vita, né quella che lei chiama umanità. C’è solo amor proprio. Codesto modo di rappresentare ladri e peccatrici non è diverso dall’agguantarli per strada e cacciarli in prigione. In queste storie non ci sono le “lacrime invisibili”, c’è solo un riso esagerato e grossolano, c’è solo cattiveria…”.
“E che serve di più? Lei stesso ha reso benissimo l’idea: questa accanita cattiveria è una guerra senza quartiere al vizio, è il riso sprezzante per coloro che cadono… è tutto!”.
“No, non tutto!” disse Oblomov infervorandosi all’improvviso. “Descrivi il ladro, la peccatrice, lo sciocco presuntuoso, ma non dimenticare l’uomo. Dov’è dunque l’umanità? Voi volete scrivere solo con la testa!” disse Oblomov quasi in un sibilo. “Credete forse che il pensiero escluda il cuore? No, esso è fecondato dall’amore. Tendete una mano soccorrevole all’uomo caduto, o piangete amare lacrime su di lui se è definitivamente rovinato, ma non lo schernite. Amatelo, cercatevi in lui, trattatelo come trattereste voi stessi.. allora vi leggerò, e chinerò il capo davanti a voi…” disse, tornando a stendersi tranquillo sul divano. “Costoro scrivono di ladri e di peccatrici”, continuò, “ma dimenticano l’uomo e non sanno descriverlo. Che specie di arte, quali tinte poetiche ci trova? Smascherate la depravazione, il fango, ma, vi prego, senza pretese poetiche”.
“E lei vorrebbe che si parlasse della natura –le rose, un usignolo o una mattinata gelida- mentre intorno a noi tutto ribolle e si agita? A noi serve solo la cruda fisiologia della società; non siamo in vena di lirismo adesso…”.
“L’uomo, datemi l’uomo!”, esclamò Oblomov. “Amatelo…”.
“Amare l’usuraio, il bigotto, il funzionario ladro o ottuso… è questo che intende? Ma che le salta in testa? Si vede proprio che non si occupa di letteratura!”, si infiammò Penkin. “No, bisogna punirli, estirparli dalla vita civile, dalla società…”.
“Estirparli dalla vita civile!”, disse Oblomov rianimandosi all’improvviso e sporgendosi verso Penkin. “Ciò significa dimenticare che sotto questo involucro imperfetto c’è una origine superiore; che se un uomo è corrotto è pur sempre un uomo, come lei. Sradicare. E in che modo vuole sradicarli dal consorzio umano, dal grembo della natura, dalla misericordia divina?”, quasi gridò, con gli occhi fiammeggianti.
“Come corre”, disse Penkin, sorpreso a sua volta.
Anche Oblomov si rese conto di aver corso troppo. Tacque di colpo, rimase immobile un momento, sbadigliò e si sdraiò lentamente sul divano.

 
pp. 29-30 
written by: Malfido time 19:19 | link | commenti
sections: 09-personaggi famosi

Dieta multimediale

snoopyStamattina ho letto sul Corriere online un pezzo che riportava l'ennesima ricerca dell'università di Stanford sul bisogno di una dieta digitale, dato che spesso se ne fanno, di régimes, durante il cambio di stagione.
Ovviamente si tratta sempre del fatto che non bisogna esagerare, nemmeno col computer, come col burro e col sale.
Infatti la Stanford, in puro stile USA, conia espressioni come «obesi multimediali», per descrivere coloro i quali non sarebbero più in grado di applicare filtri tra un compito e l'altro, distratti da una continua e irrilevante mole di informazioni.
Troppi stimoli multimediali condannano alla simultaneità e riducono tutto sullo stesso piano.  Proprio la Stanford dimostra che gli ipertecnologici sono in realtà meno capaci di altri nel cimentarsi in operazioni «multitasking», colpa del fatto che la continua esposizione a questi stimoli compromette, non si sa bene quanto, il sistema della memoria, sia a breve che a lungo termine, e lascia incerti sul piano dell'operatività, della pianificazione ad agire.
Strano che la memoria ne esca menomata... A noi fanno una testa così con le Lavagne Multimediali perchè più un contenuto passa attraverso i sensi (evviva la lavagna touch screen) più si fissa. Ma  lo psichiatra interpellato in effetti parla d'altro: dice che senza partecipazione emotiva l'apprendimento non funziona, e dunque non può realizzarsi una competenza.
Il paradosso di questo ipertecnologismo è il bombardamento continuo di informazioni, poco filtrate o scelte da noi, che ci giungono da tutte le parti con l'effetto di parerci fredde e vuote- perchè sono spesso prive di significato emotivo per noi in quel momento.
Da qui deriva talvolta anche l'estrema banalizzazione delle notizie e la loro circolazione secondo un sistema-agenzia che le fa sembrare usa e getta.
Di questo paradigma della confusione sono secondo me responsabili anche le testate giornalistiche online, che accanto all'approfondimento di complicatissimi argomenti di politica internazionale propongono le foto delle verande e dei terrazzi, le uova di Pasqua e la pubblicità di un telefonino con dentro l'enciclopedia medica.

Chi vivrà vedrà... come andrà avanti questa faccenda.
C'è un certo Pippo che scrive un commento interessante, inventando per noi la definizione di "generazione degli obliqui":

Erano verticali i nostri genitori i quali studiavano poche cose in modo molto approfondito.
Sono orizzontali i nostri ragazzi, 'nati connessi', che studiano moltissime cose ma in modo superficiale.
I primi possono stare disconnessi senza 'perdersi', ma lo sono quando le connessioni sono On, i secondi sono del tutto persi quando la connessione è Off.
Ci salveremo noi, mezza età, tecnologici per maturazione e non per nascita, che abbiamo il cervello 'obliquo' e forse più pronto ad ogni situazione.
Pronti o meno lo scopriremo: ciò che credo sia vero è che non rievocheremo fra dieci anni il contenuto di una conversazione al cellulare o di una e-mail. Sarà forse colpa del fatto che ci siamo esposti a troppi stimoli multimediali, o che abbiamo corso spesso il rischio di lasciare le cose importanti alla realtà virtuale, invece di attraversarle e viverle per davvero?  
written by: Malfido time 19:17 | link | commenti
sections: 14- letteratura arte opinioni
mercoledì, 13 aprile 2011
snoopy_self-analysisEcco come ha risposto Giovanni alla proposta di continuare le lezioni del nostro corso d'inglese del lunedì sera ancora per alcune settimane, aprendolo a nuove modalità di apprendimento, cooperative, interattive, multimediali e di roleplays -Noi siamo quelli che hanno fatto lo speed-dating a squadre, con gli approcci improvvisati- e si sa che l'improvvisazione non è altro che una tecnica affabulatoria.

Beh, di seguito c'è cosa mi ha scritto Lord John in questo giorno incerto di nuvole e sole. Ormai siamo amici, si capisce, però...:
Sono lieto di poter continuare le lezioni di lingua inglese, dopo aver trascorso un inverno ricco di sincere soddisfazioni...
Io dico di si .... accetto... mi iscrivo ... vengo a lezione...
written by: Malfido time 08:10 | link | commenti (3)
sections: 08-professioni
martedì, 12 aprile 2011
Sempre leggendo Galimberti, su Dweb di sabato scorso, ci si sofferma a riflettere sul APEtema, amaramente nostro, delle raccomandazioni, dei familismi e della corruzione. Altro argomento utile per i percorsi d'esame dei ragazzi delle superiori: e lavorassi per il ministero farei scrivere la prova d'italiano su questo aspetto della nostra realtà, per leggere che cosa ne dicono i giovani...

Mi farebbe piacere sentire una sua opinione su una storia di matrice un po' talebana che ho vissuto e di cui non riesco a darmi pace. Ho avuto le domande della parte finale di un concorso in un ente pubblico, della prova orale: mio figlio avrebbe dovuto sostenere la prova qualche giorno fa, un'amica mi ha fatto avere i quesiti d'esame. Non li ho accettati. Ma mi sto macerando, mio figlio ha dato l'esame e non l'ha superato, era un concorso per un posto, si è piazzato tra i primi ma doveva arrivare primo. Quando vedo il ragazzo - che non è di buonumore di suo - che non trova lavoro un minimo stabile, che deve mantenersi la casa, penso che avrei potuto aiutarlo dandogli queste maledette domande, sarebbe entrato in un ente - ora non è poco (i concorsi come lei saprà hanno la cadenza del lustro). Non ho accettato che fosse agevolato, non ho voluto che nel mio orticello crescesse la disonestà; non sono una persona inappuntabile, va da sé. Ma accettare così di essere come tanti - come quelli che cercano e sovente pagano i favori per entrare in azienda, per mantenere il posto, per salire di carriera - non ho voluto; non ho voluto essere Disonesta.  Sono molto rigida, un po' talebana, e per questo mio comportamento, cosa ben più seria, mio figlio è a spasso. L'altro giorno ho anche sentito Giorgio Bocca abbastanza morbido sulla questione: "Con la carenza di lavoro che c'è - disse - agevolare un parente è un peccato veniale". E io quel peccato veniale non l'ho fatto, e almeno ora fossi soddisfatta della mia Onestà. Non lo sono per niente.

La sua onestà è encomiabile al pari della sua ingenuità, verrebbe da dire. In realtà lei non è ingenua perché non ignora come spesso vanno i concorsi nel nostro paese, dove, quando il vincitore non è già designato, spesso non ignora i quesiti che gli verranno posti. Il solo fatto che la sua amica li conoscesse in anticipo ne è una conferma. Il risultato è che suo figlio è a spasso come prima e ciò le fa concludere che l'onestà non paga. Dove non paga? In un paese dove i vincoli sono ancora di parentela e non ancora di cittadinanza, dove la legge del sangue è più forte della legge della città. Un problema questo che già nel V secolo a.C. la tragedia greca, con Sofocle, aveva affrontato, nell'Antigone, dove la protagonista perisce tragicamente per aver violato, in nome del vincolo di sangue, la legge della città che negava la sepoltura a suo fratello Polinice che aveva tradito la patria. Troppa drammaticità in questo paragone? No. Perché di tragiche punizioni e di truci delitti si alimenta qualsiasi associazione mafiosa che, come è noto, si fonda su vincoli familistici e perciò antepone le leggi della famiglia a quelle della città. A mio parere la mafia è solo la forma più vistosa e truculenta del costume diffuso in chiunque antepone il parente, l'amico, il raccomandato, il segnalato a chi davvero merita, a prescindere dai rapporti di parentela e di conoscenza. A questo punto due sono le conclusioni: 1. Non sconfiggeremo mai la mafia finché tutti quanti, nel nostro ambito di competenza, non debelleremo quel comportamento che antepone il vincolo di parentela al vincolo di cittadinanza. E alla possibile obiezione che, in nome di questo principio, suo figlio non ha ottenuto il posto di lavoro, val la pena di ricordare che proprio in nome dello stesso principio molte persone, di ogni categoria e di ogni appartenenza, hanno perso la vita pur di affermare il primato della cittadinanza sulle losche logiche della parentela, della conoscenza, della connivenza, e di quant'altro di paludoso c'è nel sottosuolo dell'illegalità. 2. Non riempiamoci più la bocca con la parola "meritocrazia", perché questo criterio è impraticabile finché il vincolo di cittadinanza è subordinato a quello di parentela, finché il ragazzino di colore è svantaggiato rispetto al nostro figlio "bianco doc", finché le donne sono svantaggiate rispetto ai maschi, finché i poveri lo sono rispetto ai ricchi, gli omosessuali rispetto agli eterosessuali. Vede quanto cammino culturale dobbiamo ancora fare anche solo per avere un concorso senza imbrogli. Che poi vuol dire premiare i più bravi a prescindere, e così garantire un minimo di eccellenza al nostro paese, senza costringere all'emigrazione chi ne dispone.
written by: Malfido time 13:20 | link | commenti
sections: 14- letteratura arte opinioni
roserossePer riflettere su alcuni temi sono capitata su un sito di dialogo interreligioso che si chiama ildialogo.org ed è diretto da un teologo valdese.

Si occupa di tutti i temi che interessano un periodico di cultura e politica, credendo profondamente al dialogo ecumenico: mafia, razzismo, pacifismo, comunicazione, scienza e umanità, e anche di argomenti specifici quali il vangelo della domenica -con tre diversi commenti-, le encicliche, il celibato, l'omosessualità, la pedofilia dei preti.

Interessandomi, in questo momento, impostare l'argomento "La religione e la donna", per un percorso d'esame che devo aiutare a strutturare, mi sono imbattuta in questa lettera indirizzata da un prete sposato a Umberto Galimberti., e l'ho messa da parte. Il dialogo tra i due è stato pubblicato su Repubblica nel 2006.


Il Cardinal Ratzinger, nell’intervista concessa a Peter Sewald ("Il sale della terra"), afferma, tra l’altro, che il celibato ecclesiastico è una consuetudine e non un dogma, dimenticando di aggiungere che si tratta di "consuetudine" imposta dall’alto e non certo di libera scelta della base. Afferma poi: "in pratica, con l’abolizione del celibato assisteremmo solo alla nascita di un nuovo tipo di problematica, quella dei preti divorziati". Se il rischio esiste è dovuto al fatto che uomini usciti da "quei" seminari e da "quei" conventi possono avere grandi difficoltà a rapportarsi serenamente e civilmente con una donna. Ma allora smettiamola di inseminare tra gli adolescenti e tra i giovani maschi il rifiuto sistematico delle donne! Smettiamo di immaginare la donna come essere impuro! Ritengo perciò che rimuovere il celibato obbligatorio favorisca una revisione dell’intero impianto ecclesiale: se accettiamo l’idea che un prete, un frate o una suora possano sposarsi, dovrà cambiare anche la loro preparazione, che dovrà essere più rispettosa dei diritti inalienabili della persona (sessualità, affettività e spirito critico). Antonio de Angelis, prete sposato dell’associazione "Vocatio", Genova.

Tra la religione e la donna c’è un problema. E qui non parlo solo della religione cristiana, ma anche di quella musulmana, di quella ebraica e in generale di tutte le religioni monoteiste che conoscono l’Uno (il Dio unico) e non il "Due" che, da che mondo è mondo, è maschio e femmina. Basta infatti congedarsi dalle religioni monoteiste e accostarsi a quelle politeiste per incontrare il tripudio del femminile. Lei mi obietterà: e i protestanti allora? E gli ortodossi? I pastori protestanti e i popi ortodossi sono sacerdoti con moglie che, forse proprio per compensare questa liceità che si sono concessi, hanno inventato delle morali così rigorose da fare impallidire la tolleranza della morale cattolica. Siccome però la consuetudine celibataria del mondo cattolico si è affermata nel mondo occidentale e ha fatto storia, voglio capire le ragioni di questa sua affermazione storica o per lo meno le macchine antropologiche e psicologiche che la sostengono. E qui ne individuo due, contestabilissime, ma non credo tanto. La donna ha familiarità con il concreto e capisce l’astratto parlando con un "tu" in carne e ossa che ha davanti a lei. Il maschio ha più familiarità con l’idea astratta e raggiunge il concreto passando attraverso quell’idea, o rubricando la cosa concreta tra i casi di quell’idea. In una metafora religiosa l’uomo conosce la donna parlando con Dio, la donna conosce Dio parlando con un uomo. Il sacerdote è la sublimazione del principio maschile: ama gli uomini perché ama Dio, non li incontra come un "tu" nel mondo, ma come figli di Dio. La seconda osservazione è più modesta perché psicologica, anche se poi le macchine psicologiche sono implacabili. Siccome le religioni sono nate anche come un sistema di regole le quali, come è noto, hanno il loro fondamento nel controllo del ventre che è metafora della concupiscenza, mi pare ovvio che solo interdicendo le pratiche della concupiscenza si possono ottenere dei buoni guardiani delle regole che, a loro volta, possono sublimare la concupiscenza nell’esercizio del potere, il quale, investito dalla libido sessuale interdetta alla meta, diventa esercizio rigoroso. Penso a questo punto di essermi inimicato donne e preti e quindi di aver contribuito a disgiungere quello che lei, caro don Antonio, vuole congiungere.

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