mercoledì 11 gennaio 2012

martedì, 29 giugno 2010

As you like it

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Siccome ho il presentimento che indagando la relazione tra Milena Jesenská e Franz Kafka siamo andati un po’ sul tragico, recupero un brano brevissimo tra Rosalinda e il Buffone, così che il bardo William ci aiuti a mettere tutto in commedia…
A noi amanti sinceri capitano sempre le cose più strane, ma poiché tutto è mortale in natura, ogni natura innamorata è di una follia mortale
Parli in modo più saggio di quanto tu non ti accorga
Non mi accorgo di essere saggio finchè non mi accorgo di sbatterci il muso
Per Giove la passione di quel pastore assomiglia tanto alla mia passione
E alla mia, ma io comincio a fare un po’ di muffa

Milena Jesenská & Franz Kafka

Copia di nikon07 379
Tra le cose messe da parte ho trovato un articolo del Corriere della Sera del 31 Luglio 2003, a memoria, mi pare, di averlo letto al bar, e di averlo poi sapientemente occultato. E’ scritto da Giovanni Raboni ed è incentrato sulla visione di Kafka che ne aveva Milena, unica non ebrea tra le sue donne, giornalista e traduttrice delle sue opere in ceco, e morta vent’anni dopo di lui nel campo di concentramento di Ravensbruck, perché oppositrice politica del nazismo.
Tra il loro primo conoscersi e la morte di Kafka trascorrono circa cinque anni. Pochissimi i loro incontri, per il resto solo parole. Lettere, di cui ci sono rimaste solo quelle dello scrittore e non quelle della giornalista, che però scrisse di Kafka a Max Brod, suo biografo fondamentale.
In molti amiamo le tenere, enigmatiche, terrificanti parole di Kafka, ma abbiamo bisogno di Milena, per spiegarci come lui fosse davvero.
“Ho paura e paura, cerco un mobile sotto il quale posso nascondermi, prego tremando e fuori di me, perché tu, che sei entrata rombante in questa lettera, possa volare di nuovo dalla finestra, non posso tenere in casa mia un uragano”.
“La vita per lui è qualcosa di ben diverso che per tutti gli altri uomini… Il denaro, la borsa, l’ufficio dei cambi, una macchina per scrivere sono per lui enigmi stranissimi di fronte ai quali non ha assolutamente l’atteggiamento che abbiamo noi… Sì, tutto questo mondo è e rimane enigmatico per lui… Un uomo che scrive velocemente a macchina e un uomo che ha quattro amanti gli riescono altrettanto incomprensibili… Incomprensibili perché sono vivi… E’ assolutamente incapace di mentire come è incapace di ubriacarsi. E’ senza il minimo rifugio, senza un ricovero. Perciò è esposto a tutte le cose dalle quali noi siamo al riparo. E’ come un individuo nudo fra individui vestiti”.
“Ciò che si attribuisce alla anormalità di Frank è precisamente il suo pregio… Credo piuttosto che tutti noi, tutto il mondo e tutti gli uomini siamo malati e lui solo è sano, lui solo sente e afferra giustamente”.
“Se fossi riuscita ad andare con lui, avrebbe potuto vivere felice con me. Ma questo lo so soltanto oggi. Allora ero una donna comune come tutte le donne del mondo, una piccola femmina istintiva. Di qui è nata la sua angoscia. Ed era giusta… Quella sua angoscia era giusta”.
Eppure l’aveva capito, già nel 1920: “Frank non ha la capacità di vivere… Frank non guarirà mai. Frank morirà presto”.

Critica

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E’ vero che è comodo, il silenzio del testo… […] tutte quelle parole imbavagliate nella delicata cucina della nostra intelligenza… Come ci si sente qualcuno nel silenzioso sferruzzare dei nostri commenti!... E poi, giudicando il libro tra sé e sé non si corre il rischio di essere giudicati da lui… perché il fatto è che appena ci si mette di mezzo la voce il libro la dice lunga sul lettore… Il libro dice tutto…  
L’uomo che legge ad alta voce ci eleva all’altezza del libro. veramente da leggere.
Viceversa, noi che abbiamo letto e affermiamo di voler diffondere l’amore per il libro, preferiamo troppo spesso il ruolo di commentatori, interpreti, analisti, critici, biografi, esegeti di opere rese mute dalla devota testimonianza che diamo della loro grandezza. Imprigionata nella fortezza delle nostre competenze, la parola dei libri lascia il posto alla nostra parola. Invece di permettere all’intelligenza del testo di parlare per bocca nostra, ci affidiamo alla nostra personale intelligenza, e parliamo del testo. Non siamo gli emissari del libro ma i custodi giurati di un tempio di cui vantiamo le meraviglie con parole che ne chiudono le porte: “Bisogna leggere! Bisogna leggere!”
D. Pennac, op. cit, pp 137 e 76-77.
written by: Malfido time 15:10 | link | commenti
sections: 08-professioni, 14- letteratura arte opinioni

Leggere a voce alta

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Le domando:
“Ti leggevano delle storie a voce alta quando eri piccola?”
Lei mi risponde:
“Mai. Mio padre era spesso via per lavoro e mia madre era troppo occupata”.
Le domando:
“Allora da dove ti viene questa passione per la lettura ad alta voce?”
Mi risponde:
“Dalla scuola”.
Felice di sentire che qualcuno riconosce un merito alla scuola, esclamo, tutto contento:
“Ah! Lo vedi!”
Mi dice:
“Non mi sono spiegata. La scuola ci proibiva la lettura ad alta voce. Lettura silenziosa, questo era già il credo dell’epoca. Direttamente dall’occhio al cervello. Trascrizione immediata. rapidità, efficacia. Con un test di comprensione ogni dieci righe. La religione dell’analisi e del commento, da subito! La maggior parte dei bambini aveva una strizza enorme, ed era solo l’inizio! Tutte le mie risposte erano giuste, se vuoi saperlo, ma tornata a casa rileggevo tutto ad alta voce”.
“Perché?”
“Per la meraviglia. Le parole pronunciate si mettevano a esistere al di fuori di me, vivevano veramente. E poi mi sembrava che fosse un atto d’amore, che fosse l’amore stesso. Ho sempre avuto l’impressione che l’amore per i libri passi attraverso l’amore tout court. Mettevo a dormire le bambole nel mio letto, al mio posto, e leggevo a loro qualcosa. Spesso mi addormentavo ai loro piedi, sul tappeto”.

D. Pennac, op. cit., pp. 74-5.
lunedì, 28 giugno 2010

Dettagli

A proposito di scuola ed incantevoli dettagli. Stamattina la mia collega preferita indossava una gonna a quadri che mi ha fatto pensare a un carboncino di Egon Schiele che sta a Minneapolis ed ho visto sui libri.
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Egon Schiele, Ragazza in piedi con drappo a quadri, 1908/1909
E’ eseguito nello stile ornamentale bidimensionale di Gustav Klimt, quando Schiele ha 18-19 anni ed ha da poco conosciuto personalmente il maestro.
Dal canto suo il venerato Klimt ne realizza un’ulteriore variazione, unendo il suo gusto per i motivi circolari e colorati della tradizione dei vetri di Murano (tra l’altro non so come, ma giustamente questo quadro è alla Galleria dell’Accademia a Venezia).
 judith
Gustav Kilmt, Judith II (Salomè), 1909
Lo stile espressivo delle mani della ragazza col drappo a quadri è tipico di Schiele, ma lo stesso è sperimentato anche da Klimt.
 mani kiss
Gustav Klimt, Particolare de Il Bacio, 1907-1908
mani adele
Gustav Klimt, Particolare del Ritratto ad Adele Bloch Bauer, 1912  
written by: Malfido time 22:23 | link | commenti
sections: 08-professioni, 14- letteratura arte opinioni

DIARIO DI SCUOLA

schiele schreibtisch
Dove trovare te stesso? Sempre nell’incantesimo più profondo che tu abbia subìto.
Strano tipo d'incantesimo, quello di stare a scuola, con la testa, le mani, le braccia dentro la realtà, col desiderio naturale di condividere la “materia” che ti manda in visibilio, e che non concepisci nemmeno che possa ispirare repulsione o anche soltanto indifferenza.
Io mi meraviglio sempre quando i miei alunni, nonostante tutto, sanno qualcosa: ecco un altro tipo di incanto.
Spesso si usa una sorta di maieutica: non sai di sapere. Serve per portarli a quello che Pennac chiama il livello "orlo", cioè il 6, visto che proprio si deve valutare.
Vada come vada io trovo giusto anche non fare riferimento all’avvenire catastrofico che, secondo altri insegnanti, aspetta gli alunni. "Chi vuole non sapere vuole sognare" (è un verso di Pasolini, quello sopra in grassetto invece è Hoffmanstahl).
Uno degli incantesimi che a scuola di solito riesce è poi la lettura a voce alta.
L’uomo che legge a viva voce si espone completamente. […] Se riempie il testo della sua presenza, l’autore si ritrae, è un numero da circo e si vede. L’uomo che legge a viva voce si espone completamente agli occhi che lo ascoltano.
Se legge veramente, se ci mette il suo sapere dominando il piacere, se la lettura è un atto di simpatia per l’uditorio come per il testo e il suo autore, se egli riesce a far sentire la necessità di scrivere risvegliando i nostri più oscuri bisogni di capire, allora i libri si spalancano, dietro a lui, si riversa la folla di coloro che si credevano esclusi dalla lettura
”.
Daniel Pennac, Come un romanzo, pp. 137-8

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