martedì 10 gennaio 2012

mercoledì, 22 giugno 2011

MATURITA' EFFIMERA

snoopy

Andy Warhol, in una battuta del febbraio 1968, delineava un futuro dove i mezzi di comunicazione avrebbero regalato una possibilità di celebrità effimera a tutti:

“Nel futuro ognuno sarà famoso nel mondo per 15 minuti”

PREGO, CHI VUOLE CIMENTARSI NEL TEMA AVRA' 6 ORE A PARTIRE DA ORA...
written by: Malfido time 12:04 | link | commenti (3)
sections: 10-azioni, 14- letteratura arte opinioni
venerdì, 17 giugno 2011
Klimt__Wasserschlangen_IIWislawa Szymborska è una poetessa contemporanea di cui non si possono non apprezzare il lavoro di cesellatura,  la densità semantica, e anche il gusto del paradosso. Si muove tra ironia e riflessioni, tra domande ingenue e questioni intellettuali, e fa della lirica uno spazio descrittivo, realistico.

Di lei conosco solo una manciata di poesie, ed ognuna è solo apparentemente semplice.

Oggi mi sta a cuore, nel senso proprio che mi coinvolge in prima persona, il suo ringraziamento alle persone che non ama.

Credo che questa poesia serva a celebrare, a distinguere, l’affinità elettiva che abbiamo con chi sappiamo che non può farci soffrire, questo è il significato, paradossale, ironico, da attribuire a quelli che non amo.

L’affetto che si prova per loro è senza tormenti, anzi, è un sollievo.
Con loro la vita scorre senza bruschi incidenti, senza scontri.
Sono le persone che non possono neutralizzare i sentimenti, portare via la gioia di un paesaggio, o di un momento presente.

Sono quelli la cui attesa, e la cui distanza, avrà sicuramente fine.

Sono quelli verso i quali abbiamo pazienza, senza che ci morda la strisciante paura della frustrazione.

Grazie a loro ci teniamo lontani dal sentimentalismo, dalla retorica.

Devo molto
a quelli che non amo.
Il sollievo con cui accetto
che siano più vicini a un altro.

La gioia di non essere io
il lupo dei loro agnelli.

Mi sento in pace con loro
e in libertà con loro,
e questo l'amore non può darlo,
nè riesce a toglierlo.

Non li aspetto
dalla porta alla finestra.
Paziente
quasi come un orologio solare,
capisco
ciò che l'amore non capisce,
perdono
ciò che l'amore non perdonerebbe mai.

Da un incontro a una lettera
passa non un'eternità,
ma solo qualche giorno o settimana.

I viaggi con loro vanno sempre bene,
i concerti sono ascoltati fino in fondo,
le cattedrali visitate,
i paesaggi nitidi.

E quando ci separano
sette monti e fiumi,
sono monti e fiumi
che si trovano in ogni atlante.

E' merito loro
se vivo in tre dimensioni,
in uno spazio non lirico e non retorico,
con un orizzonte vero, perchè mobile.

Loro stessi non sanno
quanto portano nelle mani vuote.

"Non devo loro nulla" -
direbbe l'amore
su questa questione aperta.  

written by: Malfido time 18:57 | link | commenti (4)
sections: 14- letteratura arte opinioni
snoopy-che-scriveIl dibattito sulla naturale limitazione della libertà per mezzo del principio di responsabilità mi è suggerito dalla lettura di “Metodologia e Didattica” di alcuni mesi or sono.

Più o meno parafrasando John Dewey, il pragmatico umanista americano dell’educazione progressiva, si diceva –io lo riporto qui in generale- che ciò che conta non è tanto la QUANTITÀ di libertà riconosciuta al nostro prossimo quanto piuttosto il fatto che la libertà, anche concessa entro limiti severi, sia REALE, cioè non condizionata da remore o cautele, da parte di chi la accorda, e che come tale sia sentita da chi la riceve.
La libertà è concedere ad un individuo il diritto di scegliere in tutte le situazioni in cui egli sembri capace  di sopportare le conseguenze delle sue scelte.
Uno gesto profondamente scorretto è infatti non solo quello di reprimere l’altrui libertà di decidere, ma anche quello di lasciare una persona sola a fare una scelta di cui non riesce a prevedere gli effetti.
Raramente la libertà è un fatto a trecentosessanta gradi, se uno davvero riflette e deve valutare che farne. Forse anche per questo, per prendere le decisioni più forti, non disdegniamo il consiglio di chi dimostra di saper portare il peso, a volte lieve, a volte gravoso, delle proprie scelte. Di pari passo capiamo che non possiamo scegliere a prescindere da ciò che ne sarà dell’altro, verso il quale ci siamo assunti delle responsabilità.

Uno degli equilibri più delicati e significativi di ogni relazione umana ( e dunque anche della relazione insegnante) è proprio sorvegliare, in noi e in chi consapevolmente vogliamo coinvolgere, il discrimine, che sempre esiste, tra esercizio della libertà e impreparazione, tra  emancipazione e inesperienza. Questa proporzione si può valutare in base al principio di responsabilità – qualcun altro lo chiama coscienza-, da acquisire e da praticare, ognuno al meglio delle proprie possibilità e nella più alta considerazione dell’altro.

Apprendere se e come autolimitare la propria libertà, ed anche come proteggerla, a me piace dire abbastanza spesso, rispecchia un processo di espansione, di dilatazione, della personalità, del carattere, delle possibilità, una dimostrazione di potere personale. 
 
giovedì, 16 giugno 2011

Constant gardeners

Copia di fiori (13)

Non è facile avere un bel giardino, è difficile come governare un regno. Ci si deve risolvere ad amare anche le imperfezioni, altrimenti ci si illude.

Hermann Hesse
mercoledì, 15 giugno 2011

Fare e prevedere

picasso la danza x outlookSempre per ragioni di scuola, rifletto in questi giorni sul complesso concetto di libertà limitata.

Ciò che per primo limita la libertà è il principio di responsabilità, cioè la capacità di scegliere o correggere un comportamento sulla base delle conseguenze prevedibili. I comportamenti non sono mai del tutto indifferenti, altrimenti non ci sarebbe ragione di sceglierne uno piuttosto che l'altro.

Su ciò che significa il senso di responsabilità nell'età della tecnica, colgo il suggerimento del professor Galimberti
(DWeb sabato 11 giugno 2001) di guardare a Günther Anders, il quale, ne L'uomo è antiquato, ci avverte che: "La nostra capacità di "fare", è ormai enormemente superiore alla nostra capacità di "prevedere" gli effetti del nostro fare".

Negli anni ognuno sviluppa qualche saggia consapevolezza su ciò che favorisce la salute, lo sviluppo, la convivenza, ma è comunque sempre difficile essere davvero a conoscenza dei risvolti, delle ripercussioni, dei diversi stili e atteggiamenti. La tecnica, con le sue potenzialità enormi e talvolta anche distruttive, rende questo discorso un'emergenza da condividere per trovare soluzioni comuni.
Questa pericolosissima situazione [la capacità di fare, nell'età della tecnica, è molto più grande di quella di prevedere le conseguenze dei fatti stessi] sottrae all'uomo ogni possibilità anticipatrice, e con essa quella responsabilità e padronanza che deriva dalla capacità di prevedere.

Continua Galimberti:
La tecnica, infatti, che di per sé non ha scopi da realizzare che non sia il proprio autopotenziamento, è sostenuta oggi dall'economia che per i suoi scopi, tra i quali non rientra il benessere degli uomini ma esclusivamente l'incremento del profitto, ha un bisogno sempre maggiore di energia, per cui dallo scenario economico non possiamo attenderci nessuna autolimitazione. Il guaio è che non possiamo attendercela neppure dalla politica che, ormai da tempo, non è più il luogo della decisione perché, per decidere, la politica guarda all'economia dove ormai si è trasferito ogni processo decisionale. Se a ciò si aggiunge la scarsa conoscenza o semplicemente il disinteresse per problematiche  [...] che oltrepassano di gran lunga le competenze di ciascuno di noi, non vedo come si possa arginare questa pericolosissima "incapacità di prevedere" che caratterizza le scelte che si compiono semplicemente perché sono praticabili, a prescindere dalle conseguenze incontrollabili che, salvo l'emozione suscitata da incidenti catastrofici, non sono facilmente percepibili. Ed è questo difetto di percezione il massimo rischio che corriamo senza sapere come poterlo arginare.

 
written by: Malfido time 13:11 | link | commenti (1)
sections: 14- letteratura arte opinioni
giovedì, 09 giugno 2011
didoneL'ex prete Don Antonio, gradissimo amico del Candido siciliano, è uno dei personaggi meglio riusciti di Leonardo Sciascia. Convalescente dalle donne, dalla chiesa e dal comunismo, ha un amore per la verità e per il dialogo, che solo Candido, col suo ingenuo accostarsi alla vita e la sua intima discreta capacità di accettazione dell'altro e della realtà, riesce a reggere.

Restarono a parlare finchè fu sera, finchè nella stanza buia, divisi da quel tavolo, furono divisi anche dall’ombra; ma non propriamente divisi, poiché le loro voci avevano acquistato un diverso afflato, il loro parlarsi una nuova fraternità. La ricchezza, la povertà. Il male, il bene.  L’avere un potere, il non averne. Il fascismo dentro di noi, il fascismo fuori di noi. “Tutto quello che vogliamo combattere fuori di noi” disse l’arciprete “è dentro di noi; e dentro di noi bisogna prima cercarlo e combatterlo… La ricchezza io l’ho desiderata tanto che persino il mio voler essere prete veniva da quel desiderio: la ricchezza della Chiesa, la ricchezza delle chiese; i marmi, gli stucchi, le dorature, gli argenti cesellati, i damaschi, le sete, i pesanti ricami a fili d’oro e d’argento… Non conoscevo che chiese barocche, barocche in tutto: tu entri per sentire la messa, per pregare, per confessarti; e sei entrato invece nel ventre della ricchezza… Ma la ricchezza è morta ma bella, bella ma morta: l’ha detto qualcuno, forse non precisamente in questi termini. E credo che gli uomini che sanno qualcosa di sé, che vivono e si vedono vivere, si dividono in due grandi categorie: quelli che sanno che la ricchezza è morta ma bella e quelli che sanno che è bella ma morta. Tutto sta nel ruotare di due parole intorno a un “ma”… Per me è ancora bella ma sempre più morta, sempre più morta. Ma il problema è se si può mai arrivare a un punto in cui questa morte non ci tenti più, un punto in cui si riesca a separare la bellezza dalla morte… Forse non c’è ma bisogna cercarlo”. Misterioso discorso, per Candido; ma di un mistero che aveva a che fare con la verità, una verità così luminosa e sospesa che gli pareva si sarebbe dissolta se, per esempio, si fosse attentato a domandare che cosa fosse una chiesa barocca.

 

Leonardo Sciascia, Candido ovvero un sogno fatto in Sicilia, Adelphi 1977, pp. 50-1

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