MO' PARTO

At first flash of Eden,
we race down to the sea.
Standing there on freedom’s shore.
Waiting for the sun...
written by: Malfido time 03:49 | link | commenti
sections: 10-azioni, 06-paesi, 07-città, 11- sfide, 13- musica, 14- letteratura arte opinioni
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LE RAGAZZE DI RENOIR


Ho cercato altre immagini di ragazzi uguali a quelle riprese da Renoir o che ne rimandassero il sentimento. Mi sorprendo a riflettere che non si raffigurano, né si riprendono i sentimenti. Solo emozioni crudeli, quelle che passano dalle frontiere di guerra, sdolcinate quelle degli studi televisivi. Emozioni. In un’alternanza sconcertante. Emozioni senza sentimenti.

Credo che un’immagine, come un gesto, sia conteso dall’emozione e dal sentimento e che l’istante sia un’emozione che aspetti un sentimento per durare e farsi tempo.
Cfr. Giuseppe Ferraro, La scuola dei sentimenti
George Gray

I have studied many times
The marble which was chiseled for me—
A boat with a furled sail at rest in a harbor.
In truth it pictures not my destination
But my life.
For love was offered me and I shrank from its disillusionment;
Sorrow knocked at my door, but I was afraid;
Ambition called to me, but I dreaded the chances.
Yet all the while I hungered for meaning in my life.
And now I know that we must lift the sail
And catch the winds of destiny
Wherever they drive the boat.
To put meaning in one’s life may end in madness,
But life without meaning is the torture
Of restlessness and vague desire—
It is a boat longing for the sea and yet afraid.[1]
[1] "Ho osservato tante volte il marmo che mi hanno scolpito- / una nave alla fonda con la vela ammainata. / In realtà non rappresenta il mio approdo / ma la mia vita. / Perchè l'amore mi fu offerto ma fuggii le sue lusinghe; / il dolore bussò alla mia porta ma ebbi paura; / l'ambizione mi chiamò, ma paventai i rischi. / Eppure bramavo di dare un senso alla vita. / Ora so che bisogna alzare le vele / e farsi portare dai venti della sorte / dovunque spingano la nave. / Dare un senso alla vita può sfociare in follia / ma una vita senza senso è la tortura / dell'inquietudine e del vago desiderio: / è una nave che desidera il mare ardentemente / ma lo teme."
Livingstone come Ulisse

E’ buffo. Quei gabbiani che non hanno una meta ideale e che viaggiano solo per viaggiare non arrivano da nessuna parte e vanno piano. Quelli invece che aspirano alla perfezione anche senza intraprendere alcun viaggio arrivano dovunque e in un baleno.
L’esperimento del gabbiano per iniziare a vivere più poeticamente dello stormo è quello di andarsene per imparare a volare bene, e poi, per un breve momento, di tornare, prima di ripartire di nuovo.
Se, per spiegare le traiettorie di volo e di crescita del gabbiano Jonathan, interroghiamo Claudio Magris, il professore così caro e amato da noi germanisti e non solo, forse ci parlerà di viaggi circolari e di viaggi rettilinei. Citando Hölderlin Magris riflette che la salvezza cresce là dove cresce il pericolo, anche dentro un itinerario.
Ogni Odissea pone l’interrogativo sulla possibilità di attraversare il mondo facendone reale esperienza e formando così la propria personalità; la domanda se Ulisse alla fine torni a casa confermato, nonostante le più tragiche e assurde peripezie, nella propria identità, e avendo trovato o ribadito un senso dell’esistenza, oppure se egli scopra soltanto l’impossibilità di fermarsi, se egli perda per strada se stesso e il significato della sua vita, disgregandosi anziché costruirsi nel suo cammino.
Al viaggio circolare può subentrare il viaggio rettilineo, quello che procede sempre avanti, verso un cattivo infinito. L’Io viaggiatore si getta sempre in avanti, non porta sé stesso, tutto sé stesso, nel suo procedere, ma ogni volta annienta l’intera sua identità precedente e si getta via. Sull’orlo di questa dissoluzione guarda la scia della sua vita disperdersi dietro di lui, ma è un guerrigliero che cerca di resistere a quella dispersione e di portarsi dietro –fedele a tutto, nonostante tutto- la vita intera.
Cfr. Il gabbiano Jonathan Livingstone vs. L’infinito viaggiare
Franco Battiato e il romanticismo tedesco

IL MIO MAESTRO MI INSEGNO' COME E' DIFFICILE TROVARE L'ALBA DENTRO L'IMBRUNIRE
Il capitolo 4 di un ottimo libro di Eugenio Borgna che si chiama “Noi siamo un colloquio” ha come tema la tristezza che si nasconde nella musica.
Che cosa sia la musica solo pochissimi pensatori sono riusciti ad indicarlo con qualche considerazione originale o precisa. Ma, come ci faceva notare qualche amico giorni fa, senza la musica è più difficile vivere.
Borgna nota come la musica romantica ci sottragga al dilagare delle distrazioni mondane. Per confutare quest’affermazione ho all’attivo solo un’esperienza didattica relativa a Mondnacht, una poesia di Eichendorf recitata prima e dopo musiche di Schumann, ma credo sia proprio vero che ritornare alla nostra interiorità attraverso un brano musicale del romanticismo tedesco significhi ravvivare l’area (sconfinata) delle nostre emozioni recuperandone il timbro inconfondibile e creativo.
“I contenuti emozionali della musica, le risonanze emozionali e creative che essa desta in ciascuno di noi cambiano e si rinnovano nel contesto della nostra diversa sensibilità e delle nostre diverse attitudini a sintonizzarsi con essa, ma la luce abbagliante della gioia e della tristezza, della gioia e della creaturialità, trapassa ogni nostra indifferenza e ogni nostra apatia: trasformando profondamente la nostra vita interiore e il nostro cuore, la nostra memoria e la nostra percezione vissuta delle cose. La tristezza che anima alcune delle più smaglianti esperienze musicali lascia intravedere e lascia trasparire cosa sia nella sua essenza la tristezza che è la premessa a ogni slancio di creatività radicale nella sua dimensione più segreta e autentica”.
written by: Malfido time 18:13 | link | commenti (2)
sections: 13- musica, 14- letteratura arte opinioni
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Le lacrime di Lorenzo - Catcher in the sky

Santa fortuna che vegli sugli uomini senza virtù
bella signora che sfiori ed illudi e non torni mai più
apri le braccia stanotte non farmi aspettare non più
e fa che sia bellezza e amore e amore fai che sia
e lasciati toccare prima di andar via
bella signora che sfiori ed illudi e non torni mai più
apri le braccia stanotte non farmi aspettare non più
e fa che sia bellezza e amore e amore fai che sia
e lasciati toccare prima di andar via
In questa estate di belle speranze buona fortuna ad ognuno per i suoi desideri. E, come ogni anno, state attenti a quelli che scegliete di esprimere…
E occhio pure a non confondervi, a non scambiare per stelle cose che non lo sono. Nella canzone di De Gregori talvolta sono abbagli, o bombe, scintille o dormiveglia.
Centocinquanta stelle in fila indiana,in questa notte umida che sa di maggiorana,
in questa notte splendida che sa di malva
Centocinquanta stelle in questa notte calda.
Centocinquanta stelle o centocinquantuno,
ed io che le sto a contare in questo cielo di nero fumo,
le conto e le riconto e vai col tango,
in questa notte lurida che sa di fango.
E tirano certe bombe che nessuno se le aspettava,
in questa storica senza lapilli e senza lava.
E tirano certe bombe che sembrano dei giocattoli,
che ammazzano le persone, ma risparmiano gli scoiattoli.
Centocinquanta stelle e più di una scintilla,
in questa notte isterica che sa di camomilla
Centocinquanta stelle o millecinquecento,
ed io che le riconto e piano, piano mi addormento.
Centocinquanta stelle od una stella sola,
in questa notte ipocrita che sa di Coca Cola
Una notte così amichevole da dormire in un sacco a pelo.
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