mercoledì 11 gennaio 2012

lunedì, 04 ottobre 2010

Weltinnenraum

Copia di 3-ciclamini-rosa_240_bigOvvero spazio interiore del mondo. A volte leggo Rilke e mi domando che cosa c'è di migliore.
Rilke si è soffermato spessissimo sul profilo della propria solitudine, che ha coltivato anche per spiegare che essa si declina nell'ascolto, non nell'angoscia. In quei momenti ha scritto lunghe note sospese, riflessioni come contrappesi al mondo interpretato dai concetti. Esiste una distanza che è quella esatta per contemplare le cose, gli oggetti, le figure che nascondono "la saggezza dei loro deserti", e ci commuovono.
Chissà se un giorno sarò in grado di mettere a fuoco i tributi alla poesia di Rilke che stanno dentro i versi di Pasolini, o di Alda Merini, mi piacerebbe che questa giusta confermata intuizione maturasse...
XVI. Sia il canto sussurrato da una lampada o la voce della tempesta, sia il respiro della sera o il gemito del mare intorno a te, sempre veglia alle tue spalle una vasta melodia intessuta di mille voci, dove da un punto all’altro il tuo assolo trova spazio. Sapere quando fare la tua entrata è il segreto della tua solitudine; come nell’arte del vero reciproco rapporto: dall’altezza delle parole lasciarsi ricadere nell’unanime melodia.
R.M. Rilke, Appunti sulla melodia delle cose

written by: Malfido time 20:46 | link | commenti (6)
sections: 14- letteratura arte opinioni
venerdì, 01 ottobre 2010

Pier Paolo Pasolini e la musica

violaRiporto un brano che è stato "oggetto di corrispondenza" tra me e Concetto. Tra le letture estive mi sono "imbattuta" in biblioteca (luogo dove nessuno mi può sconfiggere) in un poemetto autobiografico di Pasolini, poco rimaneggiato, pensato per un ipotetico giornalista di New York. Di questo testo trascrivo l’ultima parte, perché parla di azioni, di lingua dialettale e del desiderio di comporre musica.

da: Poeta delle Ceneri (1966-1967)

[I]o vorrei soltanto vivere
pur essendo poeta
perchè la vita si esprime anche solo con se stessa.
Vorrei esprimermi con gli esempi.
Gettare il mio corpo nella lotta.
Ma se le azioni della vita sono espressive,
anche l'espressione è azione.
Non questa mia espressione di poeta rinunciatario,
che dice solo cose,
e usa la lingua come te, povero, diretto strumento;
ma l'espressione staccata dalle cose,
i segni fatti musica,
la poesia cantata e oscura,
che non esprime nulla se non se stessa,
per una barbara e squisita idea ch'essa sia misterioso suono
nei poveri segni orali di una lingua.
Io ho abbandonato ai miei coetanei e anche ai più giovani
tale barbara e squisita illusione: e ti parlo brutalmente.
E, poichè io non posso tornare indietro,
a fingermi un ragazzo barbaro,
che crede la sua lingua l'unica lingua del mondo,
e nelle sue sillabe sente misteri di musica
che solo i suoi connazionali, simili a lui per carattere
e letteraria follia, possono sentire
- in quanto poeta sarò poeta di cose.
Le azioni della vita saranno solo comunicate,
e saranno esse, la poesia,
poichè, ti ripeto, non c'è altra poesia che l'azione reale
(tu tremi solo quando la ritrovi
nei versi, o nelle pagine in prosa,
quando la loro evocazione è perfetta).
Non farò questo con gioia.
Avrò sempre il rimpianto di quella poesia
che è azione essa stessa, nel suo distacco dalle cose,
nella sua musica che non esprime nulla
se non la propria arida e sublime passione per se stessa.
Ebbene, ti confiderò, prima di lasciarti,
che io vorrei essere scrittore di musica,
vivere con degli strumenti
dentro la torre di Viterbo che non riesco a comprare,
nel paesaggio più bello del mondo, dove l'Ariosto
sarebbe impazzito di gioia nel vedersi ricreato con tanta
innocenza di querce, colli, acque e botri,
e lì comporre musica
l'unica azione espressiva
forse, alta, e indefinibile come le azioni della realtà.

written by: Malfido time 09:45 | link | commenti
sections: 13- musica, 14- letteratura arte opinioni
martedì, 28 settembre 2010

Sincronicità

spank3
Io ed un carissimo amico e collega facciamo invidia al mondo, e soprattutto ci facciamo invidia tra noi, quando acquistiamo autentiche chicche sulle bancarelle dei libri a 1 euro.
Domenica ho fatto una delle mie periodiche incette, e sono tornata a casa con il libro di un professore di Berkley, psicoterapeuta e formatore, che illustra l’interessantissimo concetto junghiano di sincronicità in base alle vicende sue, di amici e di alcuni pazienti.
Esistono eventi esterni, casuali, disposti in maniera da specchiare con precisione, confermare o trasformare la nostra vita interiore.
Per caso ci imbattiamo in amici e storie d’amore, siamo nel posto giusto al momento giusto, scopriamo verità che non avremmo neanche sospettato, troviamo la nostra vera vocazione.
Jung definiva “eventi sincronistici” queste imprevedibili coincidenze tra una situazione interiore e un evento esterno, casualità che mostrano un tempismo e una pregnanza fin troppo perfetti, perché esse ci offrono una visione diversa di noi stessi, una prospettiva più ampia sulla nostra esistenza, oppure una comprensione più profonda degli altri o del mondo.
Quando gli eventi esterni riflettono la nostra condizione interiore nel momento in cui la nostra incapacità di controllare gli eventi è inconfutabile, ci troviamo a fare i conti con una domanda: chi è, se non sono io, l’autore della mia storia?
Secondo il professore di Berkley la nostra vita ha la stessa struttura narrativa di un romanzo, e ce ne rendiamo conto soprattutto quando le casualità hanno un impatto significativo sulla nostra esistenza.
Le casualità utili a dare alla vita certe svolte avvengono in momenti di grande necessità o di insolita apertura agli altri, esattamente come raccontano i romanzi.
Queste coincidenze significative non sono chiaramente un fine in sé, ma uno strumento per rendersi conto che l’esperienza individuale e soggettiva dell’interazione col mondo è più importante del dominio individuale sull’ambiente ottenuto in base alla legge di causa e effetto. L’evento sincronistico incorpora senza sforzo nella vita le situazioni in cui il caso è determinante, e ci spinge ad adottare una visione del mondo come campo unificato, i cui le esperienze e le azioni del singolo sono fondamentalmente collegate a esperienze e azioni di altri.
“La sincronicità ci spinge a guardare all’esistenza da una prospettiva diversa, secondo cui l’esperienza soggettiva determina il nostro posto in un universo di eventi accidentali che accadono intorno a noi e in noi, collegati tra loro in base a ciò che significano per chi ne è coinvolto. Nella nostra vita, sono questi nessi tra il mondo e noi a creare le storie che viviamo” (p.34)
Cfr. Robert H. Hopke, Nulla succede per caso
written by: Malfido time 19:33 | link | commenti (5)
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Pieno di cultura

aliceWeekend teatrale grazie ad un’iniziativa ben articolata della regione. Venerdì c’era Enzo Jannacci al Nebiolo, dove ha presentato lo spettacolo “La storia del mago”, da lui scritto e diretto per la compagnia dei quattro: uno sconosciuto violinista della polifonica vaticana, artista puro mai apparso da nessuna parte, un mago-principe prepotente e ignorante, imbonitore e venditore di cattiverie, una donna che aspira a finire sotto i riflettori e ingoia tutto pur di essere un domani  gradita al vasto pubblico, uno scafista con trench elegante color sabbia e una doppia identità da sacrista “non son degno”. In puro stile Jannacci, seduto favolosamente in platea davanti alla mia mamma,  “la vita è un viaggio sperimentale che facciamo involontariamente e in maniera approssimativa».
Sabato Lina Sotis, il suo bon ton e le sue storie di ragazze come tutte, al teatro di Casale, portata in scena su poltrone di costosissimo design da un’attrice ballerina con gambe parlanti, viso muto ma espressivo e dolcissimo e parrucche in stile brio blu di Rocchetta.
“Vivere com'è noto è difficilissimo. Non possiamo scegliere la nostra vita, possiamo però cercare di rendercela, e soprattutto renderla, più allegra e sopportabile a chi ci circonda. Il bon ton è la grazia del saper vivere, la leggerezza dell’esistere. Gesti, parole, silenzi, sorrisi, atteggiamenti che ci raccontano nel modo migliore agli altri. Sono cambiati i tempi, è cambiata la società. Resiste la certezza che con un po’ di bon ton, noi voi e gli altri vivremmo meglio.”
Noi gentildonne resistiamo...
Domenica, dulcis in fundo, Enrico Intra, sempre a Casale, accompagna due ragazze, l’una attrice, l’altra danzatrice, nell’itinerario poetico di Alda Merini. Ottima la parte di teatro danza sull’esperienza del manicomio.
Spesso ripeto sottovoce
che si deve vivere di ricordi solo
quando mi sono rimasti pochi giorni.
Quello che e’ passato
e’ come se non ci fosse mai stato.
Il passato e’ un laccio che
stringe la gola alla mia mente
e toglie energie per affrontare il mio presente.
Il passato è solo fumo
di chi non ha vissuto.
Quello che ho già visto
non conta più niente.
Il passato ed il futuro
non sono realtà ma solo effimere illusioni.
Devo liberarmi del tempo
e vivere il presente giacché non esiste altro tempo
che questo meraviglioso istante.

written by: Malfido time 18:45 | link | commenti
sections: 14- letteratura arte opinioni

Vasco Rossi e i miei alunni

Copia di nikon07 379Oggi ero in una delle mie classi nella scuola per periti meccanici, era quasi l’una, e far lezione era durissima. Mentre stavo girata alla lavagna per schematizzare un’interessantissima lezione sulla ghisa e sul ferro battuto, uno dei tanti che facevano casino, con la sua voce sopra gli altri, ha cantato un verso di Vasco Rossi, forse per estraniarsi dal baccano: “E’ tutto un equilibrio sopra la follia …”
Per la prima volta ho visualizzato un’immagine partendo da un verso di Vasco Rossi, e l’ho trovata densa.
Non conosco la carriera di Vasco, non sono mai andata ad un suo concerto e, in generale, non mi è mai piaciuto abbastanza da avere un suo disco. Detto questo lo rispetto, non fosse altro che è il più grande prodotto dell’industria discografica italiana. Tutti quelli che per farsi strada si sono messi sulla sua scia, per spartirsi esattamente il suo stesso pubblico, tipo Ligabue, il cui staff fa uscire dischi, tournée ed annessi proprio quando Vasco ha i periodi sabbatici, sono una variazione dello stesso tema. Resto comunque convinta che Vasco Rossi, se avesse potuto, sarebbe andato in pensione vent’anni fa.
E’ un dato di fatto che Vasco piace e che il suo pubblico gli vuole bene. Da quando ho visto il film “La nostra vita” di Daniele Lucchetti, ho constatato che ha una sua poetica. Io non lo comprendo davvero, me ne rendo conto, perché vivo in un altro modo: “Vivere è sopravvivere tra un guaio e un altro, guarda che probabilmente non ha senso,  talvolta uno si sente morto dentro, è bello essere infedele-volubile-instabile, siamo soli e tu non puoi pretendere, ma guarda che io ci credevo più di te e che cosa vuoi da me…” Queste cose me le sono sentite dire anche troppo spesso, ma mi sembra un po’ una sindrome…
Eppure oggi quella voce del diciottenne in equilibrio sopra la follia mi ha dato intelligentemente da pensare.
Qualunque stile di vita uno adotti, cerca sempre una sorta di equilibrio, qualche collaborazione utile a tirare avanti, una vita d’uscita dalla paranoia, dalla stupidità. Anche se ci vive dentro fino al collo, e talvolta le asseconda.
Forse alla fine di questa triste storia
qualcuno troverà il coraggio
per affrontare i sensi di colpa
e cancellarli da questo viaggio
per vivere davvero ogni momento
con ogni suo "turbamento"
Forse è giusto così…
written by: Malfido time 18:15 | link | commenti
sections: 08-professioni, 13- musica
giovedì, 23 settembre 2010
topolinoEducare ai sentimenti non significa spiegare che cosa è l’amore, ma imparare ad amare. A capire quante sono le forme di amore e come talvolta ci si confonda e ci si odi per amore. Il problema è non confondere l’esigenza dei più giovani con quella degli adulti. La crisi dei valori da questi dichiarata e reclamata, i giovani neppure sanno cosa sia, né gli adulti sanno quali valori autentici stanno avanzando dall’altra parte.
I sentimenti sono fatti di tempo. E cambiano col tempo. Scompaiono o si ripresentano. Quasi si depositano dentro con l’età e si modificano di volta in volta. Indicano soprattutto una disposizione, un modo di stare in relazione. Potremmo certamente insegnare tante cose sull’etica delle differenze e del’incontro tra culture diverse, ma se non si dà quella particolare disposizione di sensibilità restano solo affermazioni vuote. Pronte ad essere smentite alla prima occasione.
I sentimenti sono fatti di tempo ed è solo dando tempo che è possibile educarli. Restituire il proprio tempo come propriamente dell’altro. E’ questo il gesto più difficile. Ma restituire il tempo significa anche restituire l’altro a se stesso. Dargli tempo. Il suo tempo. Attendere all’altro, attenderlo.  Nel doppio uso che l’attendere comporta come attenzione e attesa. Dargli tempo. Non quello che si ha, non quello che resta e che non è di alcuno, vuoto, tempo del non impiego. Tutto il tempo, non una parte e non in parte..
Tra le voci di quella sera con i genitori ne ricordo una più di altre. Una donna in quarta fila, dai lineamenti delicati e di colore chiaro. Mi chiese quale futuro possiamo dare ai nostri figli. Chiedeva certezze, domandava sicurezza. Risposi deciso che no, non un futuro dovremmo dare, ma tutto il tempo. La vera generosità verso il futuro è dare tutto al presente. Restituire tutto quanto abbiamo preso e appreso, tutto quanto ci è stato dato e abbiamo rubato, ritenendolo proprio.
In fondo quanto tempo dedichiamo ai ragazzi e che cosa significa dedicare loro tempo. Spesso il futuro che si dice di dare è solo un alibi per non dare tempo.
Giuseppe Ferraro, La scuola dei sentimenti

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