lunedì 9 gennaio 2012


narciso_caravaggio1E sarà mea questu specc de acqua
a daat indréè la tua facia a sees ann
Questi due versi di DVDS mi suggeriscono una libera associazione: tra un giovane, che ricorda Narciso, e Dona Luserta c’è una sorta di dialogo madre-figlio.
Dona Luserta è una dea dei temporali, dal carattere tempestoso, che guarda fuori e vede nero, e dice sempre che il tempo cambia, che il vento non si tiene. E’ una mamma col suo repertorio, e forse anche col suo Xanax. Non ride spesso, e se con lei si apparecchia la tavola, ti dice di cambiare la tovaglia anche se non è stato invitato mai nessuno.
Le giornate sono scandite da partite a bocce e bicchieri di vino che placano le ombre. Sono giorni mitici, associati alla fuga di un toro scappato fino alla ringhiera arrugginita.
Davide non può saperlo, ma questa circostanza appartiene anche a casa mia. La ramada in fondo al campo ce l’abbiamo pure noi, è appunto il luogo dove il vento non si ferma, e da dove il toro del macellaio, più di vent’anni fa, sperava di proseguire la sua evasione.
La sensazione delle zanzare e delle coperte da tenere a portata di mano fa parte di questi giorni, così come la speranza di veder sbocciare sul viso di Dona Luserta una risata che accorci i fulmini e spalanchi le finestre di notte, perchè un cambiamento d’umore, o un giro d’aria leggera, l’hanno raggiunta.
El veent el diis na roba
la loena na diis un’oltra
ma ‘l coer che ghemm l’è abitüaa a nudà
il coer che ghemm l’è abitüaa a nudà

sabato, 27 agosto 2011

L’anima e il corpo

wallyLa seconda parte del romanzo ha come titolo “l’anima e il corpo” e contiene un lungo (ma direi corposo) flashback sull’infanzia, la pubertà e l’adolescenza di Tereza, età che si debbono attraversare per far sì che il nostro corpo, e la nostra anima, cessino di esserci sconosciuti. La soglia dell’età adulta si varca con decisione solo se, e solo quando, sia divenuto possibile individuare la natura e la forza dei condizionamenti che ci hanno segnato, nel bene e nel male.
Se per Tomáš il rapporto con l’anima e col corpo sono due capitoli con svolgimenti talvolta lontani e a sé stanti, Tereza vive emozioni tanto profonde e durature che trovano da sole la strada per affiorare in superficie.
Un buon romanzo è quasi sempre anche un romanzo di formazione, e i paragrafi dedicati all’educazione sentimentale di Tereza sono una delle parti strutturalmente più forti del componimento narrativo.
2

[…]
Tanto tempo fa, l’uomo ascoltava con stupore un suono di colpi regolari che veniva dal suo petto e non si immaginava certo che cosa fosse. Non riusciva a identificarsi con una cosa tanto estranea e sconosciuta come un corpo. Il corpo era una gabbia e al suo interno c’era qualcosa che guardava, ascoltava, aveva paura, rifletteva e si stupiva; questo qualcosa, questo resto lasciato dalla sottrazione del corpo, era l’anima.
Oggi, ovviamente, il corpo non è più uno sconosciuto; sappiamo che ciò che batte nel petto è il cuore, e che il naso è l’estremità di un tubo che sporge dal corpo per portare ossigeno ai polmoni. Il viso non è che un quadro di comando dove vanno a sfociare tutti i meccanismi del corpo: la digestione, la vista, l’udito, la respirazione, il pensiero.
Da quando l’uomo sa nominare ogni sua parte, il corpo lo preoccupa meno. Ormai sappiamo anche che l’anima non è che un’attività della materia grigia del cervello. La dualità di corpo e anima si è avviluppata in una terminologia scientifica e ne possiamo ridere allegramente come di un pregiudizio fuori moda.
Ma basta innamorarsi follemente e sentire il brontolio del proprio intestino, perché l’unità di corpo e anima, questa lirica illusione dell’età della scienza, svanisca di colpo.
3
Lei cercava di vedere se stessa attraverso il proprio corpo. Per questo stava così spesso davanti allo specchio. E avendo paura di essere sorpresa dalla madre, gli sguardi che dava allo specchio avevano il marchio di un vizio segreto.
Quello che l’attirava verso lo specchio non era la vanità bensì la meraviglia di vedere il proprio io. Dimenticava che stava guardando il quadro di comando dei meccanismi del corpo. Credeva di vedere la sua anima che le si rivelava nei tratti del suo viso. Dimenticava che il naso non è che l’estremità di un tubo che porta aria ai polmoni. In esso vedeva l’espressione fedele del proprio carattere.
Si guardava a lungo e a volte la contrariava vedere sul proprio viso i tratti della madre. Allora si guardava con più ostinazione, cercando con la forza della volontà di cancellare la fisionomia della madre, di sottrarla, così da far rimanere solo ciò che era lei stessa. Quando ci riusciva, era un momento di ebbrezza: l’anima saliva sulla superficie del corpo, come quando un equipaggio irrompe dal ventre della nave, riempie tutto il ponte di coperta, agita le mani verso il cielo e canta.
pp.48-9
written by: Malfido time 18:00 | link | commenti
sections: 14- letteratura arte opinioni
venerdì, 26 agosto 2011

Amicizia erotica

schiele ritrattoVia mail mi è stato fatto presente che l’amicizia erotica è un argomento interessante, che ha a che fare con il narcisismo, con la ritrosia, con le muse ispiratrici, con la vigliaccheria emotiva… Anche il nostro amatissimo Professor Cusatelli ci aveva presentato Athenaeum raccontando che il rapporto tra Madame De Stael e Friedrich Schlegel era un’amicizia amorosa e carnale, che del rapporto sentimentale neutralizzava i rischi.
Perciò, per esplorare meglio il concetto, renderò noto nei dettagli ciò che intende Tomáš con la regola del tre.
Gli era rimasta soltanto la paura delle donne. Le desiderava ma lo spaventavano. Tra la paura e il desiderio dovette crearsi una sorta di compromesso: lui lo indicava con le parole “amicizia erotica”. Alle proprie amanti dichiarava: soltanto un rapporto non sentimentale, quando un partner non accampa pretese sulla vita e la libertà dell’altro, può portare la felicità a entrambi.
Per avere la certezza che l’amicizia erotica non avrebbe mai raggiunto l’aggressività dell’amore, si incontrava con ciascuna delle sue amanti fisse soltanto a intervalli molto lunghi. Questo metodo lo considerava perfetto e lo propagandava tra gli amici: “E’ necessario attenersi alla regola del tre. Si può vedere la stessa donna a intervalli ravvicinati, ma in questo caso mai più di tre volte. Oppure si può avere un rapporto con lei per molti anni, a condizione però che, tra un incontro e l’altro, passino almeno tre settimane”. p. 20
written by: Malfido time 10:00 | link | commenti
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giovedì, 25 agosto 2011

Elogio della casualità

Copia di nikon07 048Oltre che all’oscillazione tra leggerezza e peso, Kundera si dedica anche al contrasto che esiste tra caso e necessità. In particolare si domanda se siano l’uno o l’altra a rendere un fatto significativo, determinante.
Ma non è invece giusto il contrario, che un avvenimento è tanto più significativo e privilegiato quanti più casi fortuiti intervengono a determinarlo?
Soltanto il caso può apparirci come un messaggio. Ciò che avviene per necessità, ciò che è atteso, che si ripete ogni giorno, tutto ciò è muto. Soltanto il caso ci parla. Cerchiamo di leggervi dentro come gli zingari leggono le immagini formate dai fondi del caffè in una tazzina.
[…]
Non certo la necessità, bensì il caso è pieno di magia. Se l’amore deve essere indimenticabile, fin dal primo istante devono posarsi su di esso le coincidenze, come gli uccelli sulle spalle di Francesco d’Assisi.
pp.56-7
written by: Malfido time 10:00 | link | commenti
sections: 14- letteratura arte opinioni
mercoledì, 24 agosto 2011

Antiquati o moderni?

Esistono giovani che, per il loro atteggiamento riflessivo, o per la disciplinatissima passione, e il bisogno di compensazione, con i quali si dedicano agli studi e all’arte, hanno per forza un’aria antiquata. Finchè sono adolescenti, e anche un po’ oltre, sono troppo giovani per accorgersi che c’è una moda che li sorpassa. Questi ragazzi ingenui, che somigliano tanto anche a me, si guardano intorno e, con un po’ di presunzione, a volte hanno la sensazione che gli altri siano stupidi, non accorgendosi che invece sono semplicemente più attuali di loro, perché rispecchiano il tempo presente.
D’altronde Goethe scrive che le persone in cui c’è molto da sviluppare imparano a conoscere se stesse e il mondo più tardi delle altre.
Anche Tereza è un tipo così, che per distinguersi gira spesso con un libro difficile sotto il braccio.munch
Un libro era per Tereza il segno di riconoscimento di una fratellanza segreta. Contro il mondo della volgarità che la circondava, essa aveva infatti un’unica difesa: i libri che prendeva in prestito alla biblioteca comunale; soprattutto i romanzi: ne aveva letti un’infinità, da Fielding a Thomas Mann. Le offrivano la possibilità di una fuga immaginaria da quella vita che non le dava alcuna soddisfazione, ma avevano significato per lei anche in quanto oggetti; le piaceva passeggiare per strada con dei libri sotto il braccio. Essi rappresentavano per lei ciò che il bastone da passeggio rappresentava per un dandy del secolo scorso. La distinguevano dagli altri.
(Il paragone tra il libro e il bastone da passeggio del dandy non è del tutto preciso. Il bastone non serviva soltanto a distinguere il dandy, lo rendeva anche moderno e alla moda. Il libro distingueva Tereza, ma la rendeva antiquata. Naturalmente, lei era troppo giovane per potersi accorgere della sua aria antiquata. I giovani che le passavano accanto con le loro rumorose radioline le sembravano stupidi. Non si accorgeva che erano moderni).
p. 55
written by: Malfido time 10:00 | link | commenti (4)
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martedì, 23 agosto 2011

Giornate che bruciano il calendario

Oggi è il 23 agosto e, Davide Van De Sfroos, nel recente “Blues di Santa Rosa”, definiva l’ottavo mese come un gigaant con la crapa büjenta, un gigante con la testa bollente,capriccioso e irrespirabile, col caldo che preme il viso sudato come una manata.
Una sera di queste con alcuni amici ero alla festa del Capanno, si crepava dal caldo e c’erano alcune ragazzine che conosco che si erano messe la gonna per cercare un po’ di sollievo. Io, dal sangue zuccherato, avevo sempre il mio bel da fare con le zanzare arroganti. Mi sembrava di sentire il “Blues di Santa Rosa”.

Falene che mangian la luce indecisa
lampioni che j’enn dre a pizzass
zanzare impudenti van sotto i vestiti
chissà che notte sarà



boff

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