martedì 10 gennaio 2012

lunedì, 03 gennaio 2011

Ancora un Po

adda1Meno di un’ora fa su Rai5 hanno trasmesso un omaggio ad Edmondo Berselli proponendo il suo episodio-documento intitolato “Un paese chiamato Po”.

Una narrazione degna dei migliori romanzi e dei migliori film, un autentico saggio.
La puntata inizia con un calcinculo per bambini che gira nella piazza spaziosa e quadrata di una città in Emilia. Durante il giro una bambina recita una filastrocca umoristica sull’origine del fiume.
 
Passo successivo l’evocazione della nebbia. Alessandro Bergonzoni la racconta come il momento più bello, perché è quello in cui il fiume si alza. Eccezionale pensare la superficie del fiume come la sua schiena, che si piega in avanti quando si condensa un po’.

Un pescatore anziano dice: “se uno vive una vita lungo il fiume e non ha niente da raccontare, per me è un deficiente”.

Un fotografo di origine meridionale, come Ferdinando Scianna, mostra le facce dei contadini della bassa emergere dalla nebbia. Più in là proseguirà il suo collega Berengo Gardin.

Il giornalista Carlo Rossella, pavese di Corteolona, racconta dei lunedì lungo il lido del Po, quando le parrucchiere avevano il giorno libero, e animavano delle vere e proprie stazioni balneari facendo le dive.

Alcuni documentari Rai, tra i quali quelli di Gianni Brera, testimoniano gli anni 50/60 tra Piacenza e Reggio Emilia, sempre lungo il Po. Immagini epiche di navigazioni fluviali per merci e persone, l’unica forma di trasporto che non ha mai riportato alcun grave incidente di massa.

Il Po c’entra molto col lavoro di Ermanno Olmi, col suo documentario monografico “Lungo il fiume” e soprattutto con “Il mestiere delle armi” e “Centochiodi”, girato in parte in dialetto dentro una vera comunità fluviale.

Luchino Visconti ambienta sulla riva larga e corta del Po alcune delle scene più forti di “Ossessione”, il primo film del neorealismo, la versione italiana del romanzo “Il postino suona sempre due volte”, in cui Massimo Girotti è di una bellezza struggente.

Un viaggiatore documentarista parla dei suoni del fiume: l’acqua ride, salta, balla, canta.
L’ansa di un fiume è un’eco nella memoria, sia che lo dica Guccini o Zucchero, o che entrambi  ci spieghino come in certi accordi blues si senta il suono della campane dei paesi dove sono cresciuti, e per completare il quadro servano le fisarmoniche degli anziani.

Persino l’autogrill di Fiorenzuola ha qualcosa di vagamente western, proprio nel nome “autogrill”: negli anni 50 è stato il primo ristorante a ponte, voluto così sulla nascente autostrada del Sole per proporre una croce proprio come fino a quel momento solo il fiume aveva fatto con la via Emilia.

Mi ricordo infine ancora Bergonzoni, con un curioso parallelo tra la linea del Po e la scriminatura dei capelli. Secondo l’attore il fiume ha dei doveri. Ti chiede dov’eri quando nascevo, quando straripavo… Quando il fiume esonda la gente non scappa: si mette in alto, al sicuro, a guardare, come se potesse fermare il fiume con lo sguardo. Il fiume è poeta, perché lo attraVERSI.
 

Passa al digitale

grazzano
Tra ieri e oggi mi è capitata una cosa abbastanza insolita: mi sono goduta qualche ora di bei programmi televisivi. Raramente ormai la televisione offre stimoli, eppure mi sto accorgendo che l’apertura di alcuni canali digitali, come si dice da queste parti esagerando un po’, “è una manna”.

Il mio canale digitale preferito è RAI5. Innanzitutto offre uno spettacolo teatrale alle nove e mezza del sabato, e poi lo replica. E ha un ventaglio di intelligenti trasmissioni a tema, al pari riproposti in diversi momenti. Ricchi e gustosi come un brodo finalmente ristretto sono incentrati su argomenti molto diversi e distanti: la moda e la cucina, l’eredità culturale e il balletto, il design e i libri, per citare i programmi che finora ho avuto modo di vedere. Che lusso, chi ne parla ne sa effettivamente qualcosa!! E con un certo gusto si accostano opinioni reali e sensate, scaturite da esperienze articolate e particolari, in modo da rendere i contenuti vari e accattivanti.

Corrisponde alla mia idea di svago sentire una stilista come la Westwood parlare di storia dell’arte come una vera cultrice, spiegando come Matisse o Manet le ispirino alcune delle sue pazzie, oppure ascoltare una regista televisiva raccontare di come vent’anni fa ci fosse spazio, nel palinsesto, per ballerini professionisti di danza classica e moderna dedicate che si cimentavano nella tradizione dei diversi paesi europei che hanno contribuito a sviluppare filoni espressivi non solo coinvolgenti, ma addirittura commoventi ed esaltanti.
Le puntate di questi programmi sono abbastanza brevi, il ritmo non cala e la pubblicità non è ossessiva, perciò lo spettatore, cosa non da poco, vede rispettati il proprio occasionale tempo libero e la propria disponibilità di attenzione.

Per fare un confronto, alla stessa ora su un’altra rete Rai si parlava ancora e sempre delle nozze del principe William, facendo del vivace umorismo sulle ceramiche in oro zecchino con le iniziali WC. 
domenica, 02 gennaio 2011

Let ‘em in

rohC’è un pezzo di McCartney che si chiama Let ‘em in, falli entrare. Ci mette i suoi amici e i suoi eroi, e dice di lasciarli passare, ogni volta che bussano alla porta o suonano il campanello.

[Lo conosco perché mi serve a mostrare come somebody e someone siano sinonimi (poi di solito passo a Whitney  Houston col suo I wanna dance with somebody who loves me – quanta morfosintassi nelle canzoni, e non tralasciamo le rime... when the  night falls the loneliness calls- ) ]


Il due di gennaio ognuno dovrebbe iniziare, secondo me, il proprio elenco di graditi ospiti, la propria Let them in. Poniamo il caso di ricevere una visita al giorno.

Tra non molto viene a trovarmi der arme BB. Brecht  aveva gli occhi di un esperto e le mani di un conoscitore della realtà perciò troverà la porta aperta:

La  regolazione dell’alveo di un fiume,
l’innesto di un albero da frutta,
l’educazione di un uomo,
la riforma di uno stato,
sono tutti esempi di critica costruttiva.
E anche esempi d’arte. 

 
sabato, 01 gennaio 2011

MMXI

Copia di DSCN2035
BUONGIORNO 2011! 

Se per caso cadesse il mondo io mi sposto un po’ più in là
sono un cuore vagabondo che di regole non ne ha...


Dall'anno più importante della storia, il 1978, la grande hit di Raffa per fare gli auguri  e festeggiare da Trieste in giù. Da qualche parte bisognerà pur partire... 


Se per caso cadesse il mondo io mi sposto un po’ più in là
sono un cuore vagabondo che di regole non ne ha 

 Se per caso cadesse il mondo io mi sposto un po’ più in là
sono un cuore vagabondo che di regole non ne ha 

 
venerdì, 31 dicembre 2010

Times they are a-changing: Battiato

fioriviolaA margine di una scommessa sulla sequenza esatta dei versi della canzone secondo me più battagliera di Franco Battiato, ho scoperto che il testo direbbe MINIMA IMMORALIA giocando col famoso compendio di Adorno sul legame tra l'intelligenza e la morale  e sul fatto che l'intellettuale, comunque agisca, sbaglia.

E' un libro che studio da anni attraverso successivi tentativi di avvicinamento. Da oggi uno dei tanti è questo capovolgimento di Franco Battiato. Adorno avrebbe perfettamente compreso, essendo egli il maestro della dialettica negativa... Io, abbiate pazienza, l'ho ascoltata centomila volte, ma l'ho capito adesso (e non sono ancora convinta).

Allo stesso modo Bob Dylan vedrebbe con un sorriso il suo Mr. Tamburine Man ignorato e bistrattato da un qualsiasi avventore.

Ma poi, ve lo immaginate Bob Dylan che dice al suo pubblico rimettetevi la maglia di lana?!? Oddio, magari in qualche eccesso alcolico...

Quasi mi dimenticavo, passa anche Jim Morrison quasi fosse lo spettro di Amleto. Sublimi citazioni di Alan Sorrenti e Gino Latilla, perchè alla fine tutti hanno un debole per il nazionalpopolare.


Comunque erano almeno 30 anni fa.

Io continuo a credere che questa canzone sia eccezionale, perchè sembra scritta ieri. I riferimenti ai dibattiti politici senza vergogna e senza contenuto -assimilabili a scene demenziali-e al disordine delle strade e degli scontri, gettato sotto gli occhi e sparato nelle orecchie senza approfondimento, sono persino dolorosi. Non si tratta appunto di restare calmi e indifferenti e neppure di alzare bandiera bianca, si tratta di capire proprio che cosa c'è da capire in questi tempi che stanno cambiando, ammesso che sia vero che stia succedendo un cambiamento. Fosse facile.

Siamo come sabbie mobili tirate giù uh uh uh 

Tra l'altro, quando penso a Battiato a me viene sempre in mente con gli occhiali da sole, e trovo che il passaggio autoreferenziale sul sintomatico mistero, così come lo scherno di qualunque moda musicale, siano un bell'esercizio di dialettica e di stile.

Ho appena scoperto che "sul ponte sventola bandiera bianca" è il verso finale di una un tempo famigerata poesia risorgimentale sui moti di Venezia nel 1848, sconfitta dagli austriaci e dal colera, che veniva "somministrata" ai bambini delle elementari come uno sciroppino.  Un po' come adesso che è tornata in auge l'unità d'Italia come se fosse la sagra che ha ripreso colore.


Mr. Tamburino non ho voglia di scherzare
rimettiamoci la maglia i tempi stanno per cambiare
siamo figli delle stelle e pronipoti di sua maestà il denaro.
Per fortuna il mio razzismo non mi fa guardare
quei programmi demenziali con tribune elettorali
e avete voglia di mettervi profumi e deodoranti
siete come sabbie mobili tirate giù uh uh.
C'è chi si mette degli occhiali da sole
per avere più carisma e sintomatico mistero
uh com'è difficile restare padre quando i figli crescono e le mamme
imbiancano.
Quante squallide figure che attraversano il paese
com'è misera la vita negli abusi di potere.

Sul ponte sventola bandiera bianca
sul ponte sventola bandiera bianca
sul ponte sventola bandiera bianca
sul ponte sventola bandiera bianca.

A Beethoven e Sinatra preferisco l' insalata
a Vivaldi l' uva passa che mi dà più calorie
uh! com'è difficile restare calmi e indifferenti
mentre tutti intorno fanno rumore
in quest'epoca di pazzi ci mancavano gli idioti dell'orrore.
Ho sentito degli spari in una via del centro
quante stupide galline che si azzuffano per niente
minima immoralia
minima immoralia
e sommersi soprattutto da immondizie musicali.

Sul ponte sventola bandiera bianca
sul ponte sventola bandiera bianca
sul ponte sventola bandiera bianca
sul ponte sventola bandiera bianca.

minima immoralia...
The end
my only friend this is the end 
written by: Malfido time 09:11 | link | commenti (2)
sections: 13- musica, 14- letteratura arte opinioni
mercoledì, 29 dicembre 2010

L’autopsia di Rembrandt

rembrandtCi son stati alcuni giorni, la settimana scorsa, in cui sui canali Tv esibivano la Lezione di anatomia del Dottor Tulp di Rembrandt. Ricordo un servizio su una villa in alta Italia dove c’è un gabinetto anatomico e una certa disponibilità di strumenti chirurgici in bella mostra. Il resto dei servizi, invece, probabilmente c’entrava con i telefilm anatomo-patologici che trasmettono dappertutto.

Quando circa 10 anni fa ho iniziato a leggere W.G. Sebald, sul quale poi ho fatto la tesi, ho preso in mano per primo Gli Anelli di Saturno. Nell’arco delle prime 30 pagine, tra le altre cose, Sebald parla del famoso quadro di Rembrandt in un modo che mi piace ricordare.

Il dottor Nicolas Tulp è quello in mezzo, col cappello, che sembra un moschettiere. Il resto dei medici indossa, al pari di lui, gli abiti migliori, con pizzi e pellicce, perché alla dissezione anatomica faceva seguito un solenne banchetto. E’ la gilda dei medici di Amsterdam che molto probabilmente ha commissionato questo quadro, lungo metri e metri, per mostrare come, nel 1632, la società di allora fosse sul punto di uscire dalle tenebre dell’ignoranza. Il quadro mostra però anche quanto lo smembramento del corpo di un uomo sia in realtà un rito piuttosto arcaico.

Sul tavolo anatomico giace un tale Aris Kindt, impiccato per furto poche ore prima. Chi è stato al Mauritshuis ricorda questa figura spenta e verdastra, gli occhi infossati, il collo spezzato, l’ombra nella bocca semiaperta. Nessuno dei medici lo sta guardando, perché tutti sono intenti a fissare l’atlante anatomico sulla destra. C’è anche un retroscena ulteriore: i “morti per oltraggio” –per citare la Preghiera in Gennaio di Fabrizio De André- finivano sul tavolo operatorio anche perché non potevano restare esposti al pubblico, né essere troppo a lungo guardati.

Normalmente un’autopsia, anche allora, iniziava dall’addome, dalla rimozione dei visceri, i primi a deperire. Questa invece inizia dal taglio della mano sinistra del morto, che ha una dimensione abnorme ed è realizzata scolasticamente, proprio come se fosse copiata da un manuale di anatomia. Proprio se la si osserva, si nota però che ciò che dovrebbe essere il palmo della mano sinistra è in realtà il dorso della destra. Difficile credere che Rembrandt abbia avuto una svista. Piuttosto l’esercizio di anatomia patologica è letto e raccontato da un punto di vista inaspettato e specifico. Il pittore si pone dalla parte di Kindt, mostrando lo smembramento come un atto di ritorsione sul paziente. Manifesta  la disproporzione di chi pagò con la vita “per il male fatto in un’ora”- esattamente come nella Ballata degli impiccati di Fabrizio, di villoniana memoria.  
written by: Malfido time 18:4

Nessun commento:

Posta un commento