mercoledì 11 gennaio 2012

giovedì, 15 luglio 2010

Schatten

schattenIn continuità rispetto a un tema che negli ultimi mesi mi ha impegnato molto, ho preso in prestito in biblioteca  Studi sull’ombra, degli junghiani Mario Trevi ed Augusto Romano. Dentro ci sono lunghi paragrafi dedicati alle illustrazioni letterarie di questa metafora psicologica, con una scelta che privilegia il romantico di seconda generazione E.T.A. Hoffmann, Conrad, Melville, Brecht e anche Beckett (più una serie di altri suggerimenti).
Oggi mi sono dedicata alle parti che espongono la teoria legata all’elaborazione junghiana, che è più di metà libro. Chiaramente i miei appunti, per essere utili, debbono essere complessi, perciò, per ora, mi limito ad inquadrare in generale la questione.
 L’ombra è una delle strutture categoriali della dinamica di continuo rischio e di continuo riscatto che la coscienza stabilisce con la sua oscura radice inconscia.
La via dell’individuazione passa necessariamente attraverso il problema dell’Ombra; anzi l’Ombra è in realtà la vera porta di accesso a ogni processo di sviluppo psicologico.
La totalità della psiche sarà raggiunta solo quando si sarà riconosciuto il negativo e lo si sarà sollevato alla dignità di un elemento individuante e creativo.
La ricognizione dell’Ombra non è una tappa temporalmente definita di un processo ma una condizione dinamica continuamente da istaurare e recuperare.
Il problema di questa stessa dinamica rimane aperto tutta la vita, come il problema dell’Ombra è di tutta la vita.
“La questione che ci si pone non è più: “Come posso liberarmi della mia ombra?” Piuttosto ci si deve chiedere: “Come può l’uomo vivere con la sua Ombra, senza che ne derivi una serie di sventure?””
Mediante l’analisi dei sogni è possibile prendere coscienza, “oggettivare” con stupore e disagio i contenuti dell’Ombra. E’ questa la premessa indispensabile per l’assunzione a livello conscio della responsabilità del negativo. Quando, di fronte all’emersione “di ciò che si oppone”, non segua una nuova rimozione, l’Io comincia a fare esperienza di cosa significa “sopportare” con umiltà la propria Ombra e la strada è aperta all’integrazione. Questa consiste nell’accettazione cosciente della bipolarità etica e quindi nella fondazione di una morale personale.
L’energia recuperata attraverso l’Ombra permette un ampliamento della personalità, così come la re immissione dell’Ombra nel circuito vitale conscio ne consente una trasformazione in senso individualizzante. Il male acquista senso e può essere redento, anche se solo provvisoriamente.
“Non si può essere assolti da peccati che non si sono commessi” dice Jung, intendendo con ciò che solo indossando la nostra oscurità noi possiamo ottenere di redimerla e trasformarla.
Ma è soltanto attraversando l’accettazione della contraddizione, l’esposizione al rischio di sbagliare, l’abbandono della convinzione di sapere cosa occorre fare in ogni occasione che le tenebre possono convertirsi in luce.
written by: Malfido time 21:02 | link | commenti
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mercoledì, 14 luglio 2010

Alfabetismo emotivo: strategie

kidschieleNon siamo pochi, a scuola, o forse sì, ad aver capito l'importanza dell'alfabetizzazione delle emozioni: riconoscerle, dar loro un nome, comprenderne l'intensità, individuarne le cause, osservarne e controllarne le conseguenze.
Bisogna che un lavoro del genere ti esca dalla porta e torni dentro dalla finestra, allora ecco che cosa ci si inventa: un colloquio d'esame col prescritto dossier di documenti, in parte noti e in parte no, dove si parte da Hikmet per interrogare un alunno, che ha scelto lo scientifico e vuol fare l'architetto, sullo sviluppo sostenibile. La scuola è il luogo delle speranze ben riposte.
Non vivere su questa terra come un inquilino
Oppure in villeggiatura nella natura
Vivi in questo mondo
Come se fosse la casa di tuo padre
Credi al grano al mare alla terra
Ma soprattutto all'uomo.
Ama la nuvola la macchina il libro
Ma innanzitutto ama l'uomo
Senti la tristezza
Del ramo che si secca
Del pianeta che si spegne
Dell'animale infermo
Ma innanzitutto la tristezza dell'uomo
Che tutti i beni terrestri ti diano gioia
Che l'ombra e il chiaro ti diano gioia
Che le quattro stagioni ti diano gioia
Ma che soprattutto l'uomo ti dia gioia
written by: Malfido time 18:19 | link | commenti
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martedì, 13 luglio 2010

Anatomia di un corto circuito emozionale

urlo-di-munch
Orrendamente, su certi quotidiani da bar, ci sono ogni giorno due o più pagine con scritto in cima « I delitti dell’estate«. Come ciascuno sa, sono l’impressionante serie di uccisioni di giovani donne da parte dei loro ex partner, dei quali sempre si dice che erano innamoratissimi e fedeli  (alcuni in effetti le tradivano sempre con la stessa persona, ad esempio la moglie) .
Queste tragedie sono enormi, non si riesce ad immaginare perchè si debba morire a 16 o 20 anni per aver incontrato un maschio (non uso la parola uomo), che preferisce ammazzarti che lasciarti vivere la tua vita senza di lui, e vivere la sua senza di te.
Venditori di aria fritta, come l’illustre professore di « Innamoramento & Amore«, rettore, ai tempi, dell’Istituto Universitario dove l’indimenticabile Giorgio Cusatelli sintetizzava che « insegnano a vendere frigoriferi«, non trovano di meglio da scrivere che: « Donne non andate all’ultimo appuntamento! »
Il poco che so sul funzionamento del cervello lo devo al testo sull’intelligenza emotiva di Daniel Goleman, il quale illustra bene, a livello divulgativo, come esistano due circuiti cerebrali : quello in cui si è in balia del sistema limbico e quello che coinvolge la neocorteccia – il cervello pensante.  
Il sistema limbico è il centro emozionale, dal quale successivamente, in termini evolutivi, si sono sviluppate le aree del cervello pensante, la neocorteccia. Il fatto che il cervello pensante si sia evoluto da quello emozionale ci dice molto sui rapporti tra pensiero e sentimento : molto prima di un cervello razionale esiste un cervello emozionale.
[Il cervello emozionale a sua volta si è evoluto dal lobo olfattivo, perchè l’olfatto si dimostrò un senso di importanza enorme ai fini della sopravvivenza. Ciò che veniva odorato si poteva classificare nelle principali categorie : sessualmente disponibile, nemico o pasto potenziale, commestibile o tossico. Un secondo strato di cellule cerebrali elaborava la reazione: avvicinarsi, fuggire, inseguire, mordere, sputare].
Il cervello emozionale è la parte che circonda e delimita il tronco cerebrale (quella parte che assicura la sopravvivenza, regolando le funzioni fondamentali come il respiro e il metabolismo degli altri organi), perciò venne definito « sistema limbico« - dal latino limbus, anello. Il desiderio, l’ira, la paura, la felicità, la tristezza, sono il repertorio del sistema limbico.
La neocorteccia serve ad integrare e comprendere ciò che viene percepito dai sensi, e dunque anche le emozioni, nella loro minore o maggiore intensità. Grazie alla corteccia facciamo progetti a lungo termine, escogitiamo strategie, abbiamo legami affettivi a lungo termine e  una vita emozionale caratterizzata da finezze e complessità,  proviamo sentimenti a proposito delle idee, dell’arte, dei simboli e dell’immaginazione. In  altre parole siamo in grado di reagire alle nostre emozioni con un’ampia gamma di risposte.
Talvolta questi centri superiori sono sottomessi al sistema limbico : come fonte dalla quale si sono sviluppate le parti più recenti del cervello, i centri emozionali hanno l’immenso potere di influenzare il funzionamento di tutte le altre aree del cervello, compresi i centri del pensiero.
Alcuni testi definiscono questo sistema di reazioni emotive rapide « corto circuito« oppure « sequesto« emozionale.  Le risposte emotive rapide, basate sul sentimento, prima che sul pensiero, sono un processo veloce ma poco preciso (poco preciso proprio perché veloce), che nell’uomo (e nella donna) è confinato alle crisi emotive (spavento, passione, paura). La velocità di queste reazioni istintive (che è pressoché dimezzata rispetto a quando il processo coinvolge la corteccia, area sede dell’elaborazione del pensiero) è probabilmente ciò che ci ha salvato la vita nei tempi più lontani della nostra evoluzione. Sviluppare reazioni tempestive in caso di spavento e paura è stato indispensabile, nelle fasi del passato preistorico in cui i pericoli erano enormi e frequenti per l’uomo.
Nel caso del caos emozionale il margine d’imprecisione legato alla rapidità di queste risposte può farci saltare troppo in fretta alle conclusioni. Sembra che, in quei momenti, un centro del sistema limbico dichiari lo stato di emergenza, imponendo il proprio impellente ordine del giorno. Il colpo di mano avviene in un attimo, innescando la reazione alcuni momenti prima che il cervello pensante abbia avuto la possibilità di comprendere a pieno ciò che sta accadendo, e quindi sicuramente prima che abbia potuto valutare se si tratti o meno di una buona idea. Il carattere distintivo di questa esperienza  è che, una volta passato il momento, le persone che ne sono state protagoniste hanno la sensazione di non sapere che cosa sia capitato loro.
Questi sequestri emozionali non sono incidenti isolati che portano automaticamente a crimini. In forma meno catastrofica essi ci capitano anche con una discreta frequenza, ad esempio quando si perde il controllo e si mettono le mani addosso a qualcuno, rendendosi conto poi, a posteriori, che la reazione era ingiustificata.
E’ a questo punto che, in una nota, Daniel Goleman cita un altro studioso, e apre una digressione sulla collera. Essa è l’emozione più pericolosa, perché alcuni dei principali problemi che stanno distruggendo la società odierna sono dovuti ad una completa perdita di controllo su questa emozione.
Mobilitandoci al combattimento, la collera è l’emozione con minor valore adattativo.
Le nostre emozioni si evolsero quando non possedevamo ancora una tecnologia che ci permettesse di agire in modo tanto efficiente spinti dal loro impulso. Nella preistoria, se un uomo era colpito da una collera improvvisa e per un istante voleva uccidere qualcuno non poteva farlo tanto facilmente – ma oggi sì.
Perciò alla base della società c’è l’essere emotivamente intelligenti, cioè il condividere la responsabilità di crescere (e far crescere) in grado di governare e canalizzare in modo adeguato le emozioni.     
written by: Malfido time 19:02 | link | commenti (4)
sections: 14- letteratura arte opinioni

got a crush!

wally_hi
A proposito di Finlandia e di rossi occhi cattivi, abbiamo incontrato sul confine tra la Russia e la Finlandia una ragazza bella e altera di cui vale la pena di parlare.
Spesso consulto il Lunario dei giorni d’amore dell’Einaudi.
Ho acquistato questa interessante antologia di 365 testi di varia tipologia sulla declinazione del sentimento e dell’esperienza d’amore all’annuale mercatino di Villa Braila (mai più senza!) dove ho messo a segno uno dei miei colpi migliori: 30 libri seminuovi a 30 euro, e mica bruscolini: Thomas Mann, Kafka, Puskin, London, Buzzati, Calvino, La Vita Nova, Le Operette Morali ed altre pregevolissime cose.
Fa parte di questo mucchio di tesori low cost, come dicevo, anche la raccolta Einaudi [ che, ahimè, era il regalo di una signora ad una sua amica, come testimoniano la dedica e la data che si leggono non appena si apre il libro. Non solo il volume è praticamente nuovo, è pure confluito nella raccolta di libri da vendere che organizza la biblioteca del quartiere. Se avessi più elementi mi metterei a cercare chi ha regalato il libro, per dirle quanto la sua amica lo abbia letto ed apprezzato.]
Pescare 365 testi sull’amore nell’intero catalogo Einaudi, per farne un tomo di più di 500 pagine, dev’esser stato davvero divertente. Le chicche sono molte, e ampia è la scelta dei motivi che si intrecciano con l’universale tema dell’amore: l’innamoramento, la natura, il ricordo, il matrimonio, il tradimento, il sesso, la verginità, l’attrazione, la vedovanza, la lontananza, l’incontro, il lasciarsi, le bugie, la confidenza, il corpo, la vendetta, la bellezza, e così via.
Oggi il libro propone uno scrittore simbolista russo a me sconosciuto: ALEKSANDR BLOK, che finisce ironicamente soggiogato da una donna cogli occhi rossi di sole e di sabbia. Sarà magari una parente di Eduard Kosmack, l’editore viennese dipinto da Schiele con gli occhi spalancati – probabilmente è davvero così che  l’uomo guardava, dato che, si diceva, riusciva a leggere nel pensiero.
L’incontro tra il poeta e la bella sdegnosa avviene alla dogana tra Russia e Finlandia, al margine di un terrapieno, vicino ai binari del treno.
Sulle dune
A me non piace il vano dizionario
della frasi e vocaboli d’amore:
“Sei mio” “Sono tua” “Io t’amo!” “Tuo per sempre”.
A me non piace essere schiavo. Io guardo
la donna bella in fondo alle pupille
e le dico: “Stanotte. Sai, domani
è un altro giorno, nuovo e bello. Vieni.
Portami una follia nuova, trionfale.
All’alba me n’andrò via per cantare.”
L’anima mia è semplice. Nutrita
fu dal vento salmastro e dall’aroma
resinoso dei pini. Ella è segnata
dalle impronte medesime che rigano
la pelle segaligna del mio viso,
che è bello della squallida bellezza
delle fredde marine e delle dune.
Così pensavo lungo la frontiera
da Finlandia, la lingua decifrando
strana nei verdi occhi dei Finni scialbi.
C’era gran pace. Accanto alla banchina
un treno pronto accese fuoco e fumo.
Pigra la russa guardia doganale
riposava su un cumulo di sabbia
erto, dove finiva un terrapieno.
Là cominciava un’altra terra, e muta
una chiesa ortodossa contemplava
lo sconosciuto estraneo paese.
Così pensavo. Ed ella sopraggiunse,
si fermò sulla china: erano gli occhi
rossi di sabbia e sole. Ed i capelli,
unti come la resina dei pini,
cadevan sulle spalle in flutti azzurri.
S’accostò. Si incrociò il suo ferino
sguardo col mio sguardo ferino. Rise
ad alta voce. E gettò contro a me
un ciuffo d’erba e un pugno d’aurea sabbia.
Poi con un balzo risalì. Scomparve,
galoppando al di là del terrapieno.
La inseguì di lontano. Mi graffiavano
le felci il volto. Insanguinai le dita,
mi lacerai il vestito. Ma correvo
urlando come belva e la chiamavo:
e la mia voce era suon di corno.
Ma lei, delineando un’orma lieve
sulle dune friabili, scomparve
tra le trame notturne degli abeti.
Ora io giaccio anelando sulla sabbia.
Ma ancora nelle mie rosse pupille
ella corre, ella ride: e i capelli
ridono ancora, ridono le gambe,
ride al vento la veste nella corsa.
Io giaccio e penso: oggi sarà notte.
Domani sarà notte. Rimarrò
qui finchè non l’agguanti come fiera
o col suono di corno della voce
non le tagli la fuga. E non dirò:
“Mia. Sei mia”. Purchè lei mi dica:
“Son tua! son tua!”
written by: Malfido time 19:00 | link | commenti (1)
sections: 14- letteratura arte opinioni

Finlandia dreaming

platano
Brecht veniva da un paese nazista, ed è andato a rifugiarsi in Finlandia.
Noi viviamo in un paese piduista, probabilmente pitreista, dove settori deviati della politica e dei servizi si mettono in società (segreta) con la criminalità organizzata per far andare le cose a modo loro, senza disdegnare mezzi estremi, naturalmente illegali e violenti.
In giorni come questo io riprendo in mano i Dialoghi di profughi, e mi fermo al decimo, quello in cui Ziffel e Kalle discutono di partiottismo e del mettere radici.
[…]
ZIFFEL Mi è sempre parso strano che si debba amare di più il proprio paese, dove si pagano le tasse. Il fondamento per l’amor di patria è il contentarsi di poco, un’ottima qualità, quando non c’è niente.
KALLE L’amor di patria te lo pregiudicano già col fatto che non ti lasciano veramente scegliere. E’ come se dovessi amare la donna che sposi invece di sposare quella che ami. Ecco, fatemi vedere un pezzetto di Francia, un lembo di buona Inghilterra, duo o tre montagne svizzere e un po’ di costa norvegese; io punto il dito e dico: questo me lo prendo come patria. Allora sì che me lo terrei caro. Ma oggi è come se niente potesse essermi più caro del davanzale da cui sono cascato una volta.
[…]
KALLE A lei il gusto per il suo paese gliel’hanno rovinato i patrioti che lo posseggono. Qualche volta penso: che bel paese avremmo, se ce l’avessimo davvero noi! […]
written by: Malfido time 18:57 | link | commenti
sections: 14- letteratura arte opinioni
lunedì, 12 luglio 2010

Tra moglie e marito

il-bacio-di-klimt
Proseguiamo la lettura di “Una scrittura femminile azzurro pallido” origliando la confessione di Amelie a Léon.
Le risposte emotive rapide, spiegano i neurologi in testi recenti, basate sul sentimento, prima che sul pensiero, sono un processo veloce ma poco preciso, che nell’uomo (e nella donna) è confinato alle crisi emotive (spavento, passione, paura). La velocità di queste reazioni istintive (che è pressoché dimezzata rispetto a quando il processo coinvolge la corteccia, area sede dell’elaborazione del pensiero) è probabilmente ciò che ha salvato la vita ai nostri proto antenati.
Nel caso del caos emozionale il margine d’imprecisione legato alla rapidità di queste risposte può farci saltare troppo in fretta alle conclusioni. Eppure, intuiva Werfel nel 1941, esso apre anche ad una forma d’intuizione tipicamente femminile, che coniuga l’inquietudine della donna ad un possibile quadro di realtà, nuda e cruda, mai ravvisato prima, rispetto alla situazione molto coinvolgente che sta vivendo.
Questo succede ad Amelie Paradini, nei confronti di quel vigliacco di suo marito, per colpa della lettera scritta a mano con inchiostro blu da Vera Wormser. Amelie è troppo fiera dei suoi sentimenti, e troppo fresca, per capire che col suo delirio visionario ci ha azzeccato davvero. Il suo vile marito l’ascolta e ha qualche vertigine, ma non perde l’occasione di strumentalizzare al meglio la sincerità indifesa della moglie.
Ho guardato le illustrazioni di “Vogue” e di “Jardin des Modes” senza vederne davvero neanche una, solo per non impazzire, perché, come sai, ero convinta, incredibilmente convinta che tu fossi un impostore, uno che passa la vita a ingannare e imbrogliare, insomma, come ho già detto, una specie di seduttore di cameriere in libera uscita, pronto a svignarsela in quattro e quattr’otto come un’anguilla scivolosa, è da più di vent’anni che mi abbindoli con continue “simulazioni”, pensavo, non è così che si chiamano in tribunale? Perché dal giorno del nostro fidanzamento non hai fatto che simulare, e a me c’è voluta una vita, e ho perso la gioventù prima di capire che hai un’amante, una donna in loco di nome Vera Wormser, perché ho visto la sua lettera pochi minuti prima che tu scendessi per la prima colazione, ed è stata una specie di tremenda illuminazione, e ho dovuto chiamare a raccolta tutte le mie forze per non rubarla, quella lettera, ma tanto non sarebbe servito, perché grazie a quella illuminazione mi è stato chiaro come il sole che tu sei un uomo dalla doppia vita, sono cose che si vedono al cinema, e che voi due avete in comune una casa, un ménage idilliaco tu e Vera Wormser in loco, perché io che ne so di quel che fai tu nelle ore d’ufficio e durante tutte quelle conferenze fino a notte fonda, e insieme avete anche dei figli, due, o forse addirittura tre… E ho visto anche la casa, parola mia, a Döbling, mi sembra vicino al parco Kugler o al parco Wertheimstein, in modo che i bambini possano sempre respirare aria buona, e in questa confortevole casetta che tu hai arredato per quella donna io ci sono perfino entrata, ritrovando in essa diverse piccolezze che avevo perso, e ho visto anche i tuoi bambini, davvero, tre, tre piccoli orribili bastardi che ti saltellavano intorno chiamandoti “zio”, o qualche volta sfacciatamente “papà”, e tu gli sentivi le lezioni, e il più piccolo si arrampicava addosso a te perché tu eri proprio uno di quei babbi felici di cui si legge nei libri di scuola. E tutto questo ho vissuto, tutto questo ho tollerato nella mia testa imprigionata sotto il casco della permanente, e non potevo assolutamente andar via, anzi dovevo rispondere gentilmente al viscido padrone di quel negozio che veniva da me per intrattenermi […]
Non soltanto ti ho odiato Léon, ho avuto anche una tremenda paura di te. La tua doppia vita era davanti ai miei occhi, come e perché non sono in grado di dirtelo, Léon, ma ad un tratto ero sicura, sicura in un modo incredibile e di cui ora non riesco a farmi una ragione, che tu mi avresti ammazzata perché dovevi in ogni caso liberarti di me.  […] [I]n quel momento mi sono sentita come folgorata: Non vuole nient’altro, quest’uomo, che impadronirsi delle mie sostanze quando sarò morta. Sì, Léon, questo sembravi lassù, davanti al mio scrittoio con il cassetto aperto, niente di meno che un falsario di testamenti, un arraffa eredità colto in flagrante. […]
E io che sono stata così oca da rallegrarmi, quando, poco fa, ti ho sorpreso a rovistare ignobilmente tra le mie lettere… Dunque in fondo è geloso, ho pensato… e invece no, neanche per sogno… probabilmente ti incuriosivano cose più concrete e di maggiore valore delle lettere d’amore, perché il tuo aspetto era talmente equivoco che io mio sono spaventata… sembravi proprio un malfattore, un truffatore travestito da gentiluomo, un seduttore di cameriere in libera uscita…
Eppure sì, ha sbagliato ma ha colpito nel segno lo stesso. Seduttore di cameriere in libera uscita. La sua rabbia non mi rende certo più facili le cose. Non ho nessuna possibilità di incominciare…
[S]o bene che tu non hai nessuna colpa per le atroci congetture di questa mattina, la colpa è solamente mia e della lettera di quella innocente signora Wormser, la quale ha comunque una calligrafia antipatica. Il più contorto e lambiccato degli uomini non potrebbe mai sognare – ma no, non trovo la parola giusta, sognare non rende l’idea – come una donna sotto il casco del parrucchiere. E dire che non sono un’isterica e che, tu stesso ne eri convinto un tempo, sono piuttosto intelligente. Devi capirmi, Léon, lo sapevo che non sei capace di avere una doppia vita, e che il denaro non ti ha mai interessato e che sei l’uomo più nobile della terra, […] e che comunque sei di gran lunga  superiore a me. Ma nello stesso tempo sapevo anche che sei il più scaltro degli imbroglioni, e il mio dolce assassino, il mio amato avvelenatore. Credimi, non era gelosia, è stato come qualcosa che mi venisse da fuori, una specie di ispirazione.
Mai Leonida aveva assistito a un simile auto svelamento né aveva neanche alla lontana immaginato che quella donna ne fosse capace. […] Era sgradevole ma anche assai commuovente. Hai ragione, bimba mia! E’ stata una vera illuminazione quella che hai avuto stamattina e che per tante ore non ti ha abbandonato. La lettera di Vera ti ha ispirato. Sbattendo le ali come una farfalla, hai volato vicinissima alla fiamma della verità. Non posso spiegartela io la tua perspicacia. Perché in tal caso dovrei finalmente parlarti a cuore aperto. […] Ma come posso parlare adesso in questo modo? Come potrebbe parlare così anche un uomo con un carattere ben più forte del mio?
pp. 85-93   

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