martedì 10 gennaio 2012

venerdì, 08 aprile 2011
pierre-auguste-renoir-deux-jeunes-filles-lisantNella mia biblioteca c’è un solo audiolibro: Marco Paolini che legge Marcovaldo con l’accompagnamento musicale di Paolo Fresu. Poi ho un cd con tracce audio di Pasolini, radunate in un’antologia di un’ora d’ascolto qualche anno fa, e Sputi, il Cd tratto da Song N. 32, spettacolo teatrale dove, sempre Paolini, leggeva Dino Campana, Gianni Rodari, Erri De Luca e altri, e anzi, spesso li cantava, con l’appoggio formidabile delle voci e degli strumenti dei Mercanti di Liquore.
Storicamente, la mia prima esperienza del genere rimangono comunque le storie di Gobbolino il gatto della strega, nella collana dei Cantastorie.

L’aspetto coinvolgente dell’audiolibro, come scrive Stefano Benni in un articolo di giornale, al di là dei vantaggi pratici che offre, è il ritorno alla narrazione orale- e su questo aspetto fa notare che molti attori dalla voce fascinosa sono scarsissimi a porgere un testo, mille volte meglio un nonno dell’attore di grido della Notte Bianca.
Quando ho comprato un audiolibro ho scelto un testo e una voce che già conoscevo, e il risultato mi è piaciuto. Forse, un libro nuovo, preferirei ancora leggerlo io, col mio ritmo e le mie pause. Con la mia voce dentro. Non levatemi il dialogo con la voce dell’autore. E poi, se leggo, posso farlo anche dentro al rumore. Ascoltare nel baccano, invece, è praticamente impossibile.

Difficile, in ogni caso, che nasca una battaglia tra libri di carta e audiolibri.

In quanto a pretese battaglie ed eliminatorie, leggere contro ascoltare, libro contro immagine, televisione contro i giornali, suono vero contro campionatura, web contro il bar sotto casa, beh non sono poi battaglie così nuove, si ripetono da secoli. Una volta era melos e logos, pergamena e cantastorie, le seduzioni dell’intimità e le avventure dell’universo. In realtà c’è posto per chiunque abbia passione, pazienza e talento, nel grande mondo del narrare. E’ una sfida finale che non ha mai un finale. E se ne parliamo troppo non gronda sangue, ma stilla una lieve coltre di noia…
 

Stefano Benni in La Repubblica, 29.03.11, p. 57 
hundertwasseerSe i social network aiutino la democrazia è la domanda intorno alla quale dibattono ultimamente i più quotati autori di saggi sociologici. Grazie ai  nuovi media - Internet, smartphone, I-phone e social network- esiste tra le persone una comunicazione che loro definiscono “orizzontale”, cioè tra pari, che bypassa la presa dei mezzi tradizionali. Quest’opportunità può essere un’arma di libertà in società oppresse e povere, e può tenere a freno il populismo galoppante in un periodo di profonda crisi politica.

Un “vecchio” saggio del 1962, scritto prima dell’era digitale ma ritenuto “fondamentale”, spiegava che le decisioni politiche dei cittadini nascono attraversando due fasi. La prima è quella in cui si entra in contatto con le informazioni date dai media. La seconda si realizza quando si rielaborano queste informazioni soprattutto attraverso le idee che esprimono amici, familiari e colleghi. Le opinioni, dunque, si formano quando c’è socializzazione.
Le innovazioni della tecnologia delle comunicazioni dunque possono fare la differenza o no?
Insomma, per adesso diciamo che la tecnologia non è tutto, però aiuta. 
mercoledì, 06 aprile 2011

Dott.ssa Zingarelli 18: Musicomio

rataconcettoOggi, mentre sistemavo i compiti sul diario di scuola del mio alunno, mi sono accorta che le frasi in fondo a destra delle pagine sono eccezionali. Le migliori riguardano l'ambito musicale. Potrebbe benissimo averle partorite il mio diletto collega musicologo con la sua fertile Witz dedita al gioco e all'improvvisazione.

Pare che quasi tutti i proverbi italiani c'entrino con la musica, ma che poi, come espressioni del tipo in sordina e di concerto abbiano assunto un significato di massima, aforistico.

Beh, intanto chi dorme non va ai concerti. Ma questo, giuro, è il più scarso.

Sull'ossessione del tempo: a suonare c'è sempre tempo e chi ha tempo non aspetti la batteria.

Sull'annosa questione se sia meglio suonare da soli o con altri: meglio assolo che male accompagnato che poi chi fa da sè lo sbattono fuori dalla band.

Dulcis in fundo i miei preferiti. Il primo è anni '80: il sonno della musica genera nastri.

E adesso il top: non chiedere a un punk di farti la spesa, lui fa la cresta.
martedì, 05 aprile 2011
Copia di nikon07 033Fa sì che il guadagnarsi da vivere non sia un mestiere ma un divertimento. Godi della terra, senza però possederla.

Dedico a Marco, che sta imparando a coltivare l'orto vicino a casa mia, questa bella utopia di Henry David Thoreau.
martedì, 29 marzo 2011
faberIeri sera qualcuno ha parlato di Bocca di Rosa, ed effettivamente è lei l'emblema dei personaggi femminili deandreani.

Non è la graziosa di Via del Campo, e nemmeno Teresa ridotta in solitudine dai pettegolezzi della borghesia di Rimini: è una donna che, quando ama un uomo, non conosce la noia, e nemmeno il guadagno. E che di uomini, biblicamente, ne ha conosciuti molti.

Le altre del paesino di Sant'Ilario crepano di gelosia, e vanno dai Carabinieri affinchè rimettano un po' d'ordine. Riescono a farla passare per una prostituta ed ottengono così che venga cacciata via.

Paradossalmente, o forse no, sono proprio gli uomini che l'hanno avvicinata, e anche quelli che l'hanno guardata da lontano, a metterla nella sua luce migliore, dimostrando che il problema della disparità tra uomini e donne, per quanto tangibile, a volte fa delle donne delle vere icone del coraggio e della bellezza. Gli uomini corrono quasi fisicamente dietro a quel treno, perchè con lei se ne parte la primavera.

Tra loro, chi si prenota per due ore è un po' come l'ingenuo innamorato di Via del Campo, che si illude di sposare la rosa dei carrugi, senza capire che c'è da dirsi soltanto ama e ridi se amor risponde/ piangi forte se non ti sente.

Di questa canzone a me piace tutto: la storia, il verseggio, l'umorismo, e anche il fatto che strimpellando poche note la si possa mandare a memoria.

Abitava fino a pochi anni fa al mio paese un personaggio che avrebbe saputo raccontare Bocca di Rosa. Faceva cenno, spesso e volentieri, alle donne della sua vita, alcune delle quali, forse, prostitute. Descriveva la loro disponibilità come un atto di carità. Però, nella sua eccentricità, il mio compaesano si sarebbe subito accorto che Bocca di Rosa, come precisa la canzone, non è un missionario, vale a dire che non ama tutti dello stesso amore.

Fortunato dunque chi da lei è stato scelto, direbbe senz'altro il nostro amico, con una frase imprevedibile delle sue.
domenica, 27 marzo 2011

Discorso sulle donne

FABRIZ~1Nella terza uscita di un’iniziativa editoriale che si chiama Dentro Faber c’è l’autografo di un discorso sulle donne forse tenuto da Fabrizio De André negli intermezzi parlati dei concerti di una tournée che non saprei direi. Una parte di queste affermazioni ricorrono in un’intervista a Fabrizio che ho ascoltato alla mostra di Genova – mostra che è ora a Milano alla Rotonda della Besana.
Riporto questo discorso qui- con le sottolineature e il maiuscolo originali- perché lo ritengo intelligente e sincero. E anche perché nella mia biografia personale più di un uomo, -ma pur sempre pochi- mi ha espresso pensieri simili quando mi ha spiegato perché gli uomini amano le donne, e, soprattutto, come amano guardarle – non senza un tocco di penetrante ironia.
A questo punto vi sarete resi conto che tutte le canzoni di questa prima parte fanno riferimento alle donne.
E’ semplicemente la dichiarazione di una sconfitta: per quanto abbia cercato l’uguaglianza nei comportamenti degli uomini e delle donne, non sono mai riuscito a trovarla: anzi direi che, reduce anch’io da una cultura di matrice maschilista, questa uguaglianza non ho mai voluto veramente trovarla.
Ho preferito lasciare alle donne con cui ho avuto che fare quel loro spazio d’impenetrabilità che mi consentiva di mitizzarle quindi di crederle forse migliori di quanto non fossero in realtà. E se questa tattica un po’ rozza ha rappresentato e tuttora rappresenta una sconfitta intellettuale, d’altro canto mi ha consentito di vivere bene con le donne della mia vita, tanto è vero che dopo un lungo e felice matrimonio finito più per consunzione che per motivi di attrito, mi sono altrettanto felicemente risposato, e il risposarmi rappresenta un po’ il TRIONFO DELLA SPERANZA SULL’ESPERIENZA ma la speranza è appunto alimentata da un mito. Infatti mia moglie continua ad essere una faccenda completamente diversa da me e per buona parte sconosciuta: accanto alla sua vita reale ne scorre un’altra sotterranea eparallela, piena di ripostigli, di anfratti, di cassettini in cui lei nasconde un vasto repertorio di gioie di dolori di speranze o di delusioni: in questi ripostigli io non ci voglio ficcare il naso: il che mi lascia almeno sperare che in uno di quei cassettini ci sia anch’io.
D’altra parte che cosa pensano loro di se stesse, che cosa pensano le donne delle donne, loro che si conoscono perfettamente. Se dobbiamo credere a Mme De Stael non ne pensano affatto bene: infatti Mme de Stael diceva alla dine del Settecento: sono molto contenta di non essere un uomo altrimenti mi sarebbe toccato di sposare una donna
 

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